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Messe Virtuali e Comunione Spirituale al tempo del Coronavirus

La fede cristiana, la quale professa un Dio che si è incarnato, fatto uomo, si esprime anche con il nostro corpo

Il desiderio di un sacramento

La possibilità di vedere la Santa Messa alla TV o di sentirla tramite la radio, da parte di quei fedeli che sono impediti a causa di una malattia o per altri gravi motivi, è stata sempre valutata positivamente dalla Chiesa. Infatti ciò permette una qualche forma di partecipazione alla Messa, da parte di chi è impedito fisicamente o moralmente. Ma la Messa ascoltata o vista tramite i mezzi di comunicazione assolve il precetto festivo al quale sono tenuti tutti i fedeli? Dobbiamo subito dire di no, ma allo stesso tempo affermare, per non creare preoccupazioni, che in questo periodo e fintantoché continueranno le restrizioni governative, nessuno è tenuto ad osservare il precetto festivo di partecipare alla Messa. Il precetto festivo, infatti, si assolve partecipando attivamente alla Santa Messa (cf. canone 1248). A quei fedeli che sono impediti di partecipare alla Messa festiva per una grave causa, come quella della pandemia, la Chiesa chiede di dedicare un congruo tempo alla preghiera personale o familiare, ad esempio leggendo la parola di Dio oppure recitando altre forme di preghiera. Tramite la nostra preghiera fatta a casa ci possiamo unire spiritualmente, anche da lontano, al sacrificio eucaristico, laddove esso viene celebrato.

Giovanni Paolo II, in un documento che trattava il significato cristiano della domenica, a proposito della possibilità che molti fedeli ammalati hanno di poter vedere o ascoltare la Santa Messa, tramite i vari mezzi di comunicazione, affermò che queste trasmissioni sono “un aiuto prezioso” (cf. Dies domini n. 54). La nostra preghiera personale o familiare è stata positivamente sostenuta, in questi giorni, dalle Messe trasmesse tramite i mezzi di comunicazione. Certamente, in questo periodo, non solo è stata di aiuto la visione della Santa Messa trasmessa in TV su alcune rete nazionali, ma anche quelle improvvisate da tanti zelanti pastori. Molti parroci, infatti, non potendo convocare il proprio gregge nelle chiese, lo hanno radunato tramite diffuse dirette streaming.

Tuttavia sappiamo che le celebrazioni virtuali dei sacramenti non sono la normalità della spiritualità e della vita cristiana. La fede cristiana, la quale professa un Dio che si è incarnato, fatto uomo, si esprime anche con il nostro corpo. Questo avviene concretamente nelle celebrazioni dei sacramenti dove attraverso i riti e le parole, gli oggetti e i segni, il Cristo risorto si rende realmente presente, in particolare nel sacramento dell’Eucarestia. La nostra natura umana, assunta e redenta da Gesù Cristo, esige che tutti i nostri sensi siano coinvolti e nei sacramenti, tutti i nostri sensi, partecipano al rito liturgico. Per questo motivo, non solo tutti noi stiamo attendendo con ansia di poter ritornare ad una vita normale, ma anche dal punto di vista della fede, tanti di noi stanno desiderando di poter ritornare nelle proprie chiese per vivere la vita di parrocchia e per poter celebrare comunitariamente, insieme agli altri fratelli e sorelle Cristo, i sacramenti. Giovanni Paolo II, nel documento di cui sopra, afferma che il desiderio dell’Eucarestia è generato in noi non solo dal fatto di non poter partecipare fisicamente alla Santa Messa, ma soprattutto per non poterci comunicare al corpo di Gesù. Tuttavia noi ci possiamo unire da lontano alla celebrazione della Messa, anche attraverso il desiderio dell'Eucaristia. Ma in che cosa consiste il desiderio dell’Eucarestia e che effetti spirituali causa nella nostra vita di fede? Per rispondere a questi interrogativi ci facciamo aiutare da un documento della Chiesa che a proposito dell’impossibilità di alcuni fedeli di partecipare alla celebrazione della Messa, per assenza di ministri ordinati o per altri motivi, così puntualizza: “[I fedeli], animati intimamente dal voto del sacramento e uniti nella preghiera con tutta la Chiesa invocano il Signore e innalzano a Lui i loro cuori, essi in virtù dello Spirito Santo vivono in comunione con la Chiesa, corpo vivo di Cristo, e con il Signore stesso, […]. mediante il voto del Sacramento, per quanto sembrino lontani esternamente, essi sono intimamente e realmente in comunione con essa e di conseguenza ricevono i frutti del sacramento” (cf. Sacerdotium Ministeriale, III, p. 1007). Nella riflessione teologica “il desiderio di un sacramento” è un argomento conosciuto. Si parla, infatti, di “battesimo di desiderio”, “desiderio di ricevere il sacramento della riconciliazione”, infine di “desiderio dell’eucarestia” (“voto del sacramento” dal termine latino votum che significa desiderio). I sacramenti che non possono essere ricevuti, non per colpa dei fedeli, bensì per assenza di ministri legittimi o per altra grave causa, trasmettono, a chi li desidera, la grazia sacramentale e gli effetti salvifici. La pratica della “comunione spirituale” è nata proprio dal desiderio (votum) di coltivare nell'animo del fedele, la nostalgia di ricevere l’Eucarestia. In questi giorni si è molto diffusa tale pratica e diversi Pastori, al termine delle celebrazioni liturgiche in diretta streaming, leggono, per i fedeli che seguono da casa, la preghiera per ricevere la comunione spirituale. Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica sull’Eucarestia, ricordava che la pratica della comunione spirituale è sempre stata raccomandata dai Santi e dai maestri di vita spirituale (cf. Ecclesia de eucharistia n.  34). Il Papa cita, tra tutti, Santa Teresa d’Avila, la quale alle sue consorelle così suggeriva: “Quando non vi comunicate e non partecipate alla messa, potete comunicarvi spiritualmente, la qual cosa è assai vantaggiosa... Così in voi si imprime molto dell'amore di nostro Signore” (Cammino di perfezione, c. 35). Il desiderio di unirci spiritualmente  a Gesù (la comunione spirituale), non è, tuttavia, una pratica da vivere in circostanze straordinarie, come quella che stiamo vivendo, bensì dovrebbe esserci sempre. Nella ferialità della nostra vita dovrebbe esserci sempre in noi il desiderio di una comunione profonda con il Signore, che si rende piena quando partecipiamo alla celebrazione eucaristica.

 

BIBLIOGRAFIA

  • I canoni presenti nell’articolo fanno riferimento al CIC (Codice di diritto canonico 1983 e successive modifiche).
  • Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Ecclesia de eucharistia, 17 aprile 2003, Acta apostolicae sedis 95 (2003) 433-475; Enchiridion Vaticanum n. 22, 198-289.
  • Giovanni Paolo, Lettera Apostolica Dies domini, 31 maggio 1998, Acta apostolicae sedis 90 (1998) 713-766; Enchiridion Vaticanum n. 17, 590-711.
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi Sacerdotium Ministeriale, 6 agosto 1983, Acta apostolicae sedis 75 (1983) 1001-1009; Enchiridion Vaticanum n. 9, 346-361.
  • Teresa d’Avila, Il cammino di perfezione, Milano 2001.
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