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Una figura chiave nella Resistenza livornese

Leggere Il Vangelo nei lager a scuola: una testimonianza nei giorni della memoria

Parole chiave: don Roberto Angeli (5)
Ricordando don Roberto Angeli. L'esperienza di un insegnante di religione

Come cittadino, ancor prima che come professore di religione e come cristiano, ogni anno di questo periodo mi torna la voglia, direi forse più la necessità, di aprire un libro che ho molto caro, si chiama “Vangelo nei Lager – un prete nella resistenza”, ed è stato scritto da un prete livornese di nome don Roberto Angeli. Voglio raccontare parte della sua storia per chi non la conoscesse, giacché a Livorno un istituto scolastico comprensivo, e una via in zona San Jacopo, portano il suo nome.

Don Roberto fu parte attiva e pensante della Resistenza, tra i fondatori dei Cristiano-Sociali a Livorno, fondò anche Rinascita e poi Fides, il primo fu l'unico foglio clandestino toscano durante il periodo della Resistenza, il secondo un giornale diocesano che fu molto letto nel dopo-guerra. Don Roberto insieme ad altri valorosi partigiani toscani salvò le vite di molti ebrei e clandestini, fornendo loro rifugio, viveri, medicinale e documenti falsi per salvare loro la vita. Con il padre tenne i contatti con il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) fiorentino e con il Fronte Militare Clandestino di Roma. Divenne membro di spicco del CLN livornese, ma il 17 maggio 1944 fu catturato dai nazisti della Gestapo nella villa del professor Mario Tinti, a Montenero; venne torturato e interrogato, ma resistette, e mai tradì i suoi compagni “di battaglia”. Venne portato nel campo di Fossoli, poi a Mauthausen con il bollino rosso degli avversari politici, e infine a Dachau col numero 134351. In Vangelo nei Lager don Roberto racconta, catturando il lettore con una prosa fluida e appassionata, della prigionia nei campi di sterminio, dell'incontro con gli altri prigionieri di ogni nazione, religione, di tutte le etnie e lingue europee, della sua missione di sacerdote sentita più che mai negli stenti della prigionia nazista, nonché della promessa di far tesoro di quegli incontri, che seppur nel male dei lager furono il seme da far germogliare nella speranza di una futura Europa unita, da fondare una volta finita la guerra.

Ma la Resistenza di Don Roberto Angeli iniziò molti anni prima, quando durante il ventennio, nonostante la chiusura delle principali associazioni cattoliche, tenne vive le coscienze dei livornesi con una serie di lezioni tematiche alla chiesetta di Santa Giulia, a cui partecipano personaggi illustri della cultura. Don Roberto era un uomo di grande cultura, e conosceva la potenza delle idee e delle parole, da tenace scrittore e giornalista qual era. “Dio creò l’uomo, non l’uomo ariano” scriveva don Roberto. Per questo nelle sue lezioni pubbliche non mancava mai di leggere brani persino di Hitler e Rosenberg, perché - diceva lui - la gente deve riflettere e capire "perché il mondo soffra la più terribile e sanguinosa tragedia della sua storia". Queste lezioni sono raccolte anche in un libro edito da Mondadori e attualmente, purtroppo esaurito. 

Finita la prigionia a Dachau nel suo libro racconta il ritorno a Livorno dopo una lunga traversata in un'Europa ridotta a fame e macerie, con le descrizioni di scene molto forti, un po' come la Livorno del suo rientro: irriconoscibile, stanca, e completamente disastrata. All'interno di questa parte affronta il suo essere reduce, le difficoltà psicologiche e fisiche della riabilitazione a una vita degna, il freddo patito che invece di temprarne le membra lo aveva indebolito ancora di più, l'incredulità delle persone dinnanzi ai suoi racconti, e la fatica nel raccontare, che portarono poi alla necessità di scrivere un libro importante, un libro, che non ha nulla di inferiore rispetto alle pagine di Primo Levi o di altri autori ben più celebrati.

Per questo il suo libro andrebbe ristampato e fatto leggere nelle scuole livornesi, perché tutti, di fronte alla sua testimonianza possano rendersi conto delle difficili scelte di fronte a cui si è trovato chi si mise a servizio della libertà e della dignità umana, andando controcorrente, disobbedendo, e infine pagando sulla propria pelle la più grande delle tragedie che l’umanità abbia mai visto.

Tornato da Dachau Don Roberto fondò il Comitato Livornese di Assistenza (CLA) con cui riuscì ad aiutare circa 80.000 sfollati e poveri livornesi negli anni della ricostruzione post-bellica, dagli orfani ai baraccati. Grazie alle sue battaglie Don Roberto si prese la stima anche dei militanti del Partito Comunista livornese, e ogni 25 aprile con il suo fedele amico di Resistenza partigiana, don Renato Roberti (parroco prima di San Jacopo e poi di San Matteo), scendeva in piazza a dire la Messa insieme ai "rossissimi mangia-preti" del PCI, in effetti quei due li stimavano tutti, perché la lotta per la libertà li aveva uniti oltre ogni credo politico e religioso. 

Don Roberto era un grande amante della montagna, ma anche della scrittura: ha scritto diversi libri, tra cui uno sullo scienziato Niccolò Stenone, e l’ultimo, quello che viene definito il suo testamento spirituale, su Willi Graf e la Rosa Bianca. Era un uomo di grande cultura, teologica, filosofica, storica, ma anche scientifica: una "testa matta" di cultura e libertà, un livornese che non tutti ricordano e pochi giovani conoscono, un insegnante e scrittore di passione, un filantropo, un vero religioso che a questa città, a Livorno, ha dato tanto e forse più di molti altri ben più ricordati di lui. Ma il valore non è una gara, bensì un di più dell’altro che rimane da un incontro significativo, e allora basterebbe sentire tutte le persone che hanno avuto a che fare con Don Roberto per rendersene conto.

Don Roberto "morì cantando" nel 1978, così scrive don Renato Roberti nella prefazione a Vangelo nei Lager, perché chi è sceso in quell'inferno folle dei campi di sterminio la vita libera poteva solo amarla, seppur nella coscienza di aver toccato con mano il fondo della crudeltà umana. Se superate il primo blocco del cimitero della Misericordia e salite le scale del primo colonnato, giratevi nel corridoio a destra: lì riposa in pace don Roberto, la sua tomba è sempre piena di fiori e omaggi.

In conclusione, tornando alla riflessione iniziale sul perché ogni volta in questo periodo mi torna la voglia di leggere questo libro, forse la risposta più logica è quella di pensare che di persone come Don Roberto ce ne sia tanto bisogno, oggi come allora, e spero con questo scritto di invogliare qualcuno a leggersi "Vangelo nei Lager": un libro strepitoso, breve, diretto, dolce e al contempo forte. Un libro scritto ieri che parla alle persone di oggi.

Lo scorso anno durante una supplenza in un liceo cittadino ne ho parlato ampiamente a tutte le mie classi, ho letto qualche brano ai ragazzi, e quella storia così viva li ha catturati a fiato sospeso per tutta la lezione, questo mi ha fatto molto riflettere, perché forse certe testimonianze che fanno parte della nostra identità livornese, oltre che di chiesa locale, andrebbero divulgate maggiormente.

È con questo spirito di incoraggiamento verso il “fare memoria” che voglio concludere con una delle più significative citazioni del libro:

Io spero che questo libretto aiuti ancora i giovani a meditare sui valori profondi della loro vita, a considerare come da una impostazione errata o anche solo da un atteggiamento di indifferenza e di assenteismo possono derivare catastrofi inenarrabili. La libertà, la giustizia, la pace esigono un impegno continuo, un sacrificio da cui nessuna generazione può essere esentata. Auguro alle giovani generazioni di saper portare avanti quella nuova Europa dello spirito per la quale morirono i giovani della Rosa bianca e che costituì uno dei grandi ideali della Resistenza.”

PER APPROFONDIRE LEGGI IL NUMERO SPECIALE del giornale della parrocchia N.S. del Rosario, dedicato A DON ANGELI, a cura di GIANLUCA DELLA MAGGIORE 

Ricordando don Roberto Angeli. L'esperienza di un insegnante di religione
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