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Scrivere per "evadere"

Il tempo un amico nemico per chi vive dentro

Parole chiave: carcere (30)
Lettere dal carcere

Uno dei tanti problemi di chi vive all’interno del carcere è la gestione del tempo. Se non hai l’opportunità di fare un lavoro o, come in questo ultimo anno, le attività portate avanti dal volontariato sono ridotte o sei in una situazione di attesa che ti venga assegnato un nuovo compito, la questione più delicata e pesante è dovere gestire il tempo che, in carcere, rischia di essere sempre uguale tra cella e campo, ascoltando sempre i soliti discorsi e rischiando di farti affossare dai tuoi pensieri che sembrano anch’essi prigionieri nella tua testa, incapaci di uscire.

Per questo motivo, molti, si affidano alla scrittura, è un modo per far uscire i pensieri, è uno strumento per comunicare, è un’occasione per “evadere”, parola che, in carcere, ha un valore tutto suo.

Leo e Nicola non si conoscono, sono in due sezioni diverse e uno non sa che l’altro ha scritto qualcosa con il desiderio di condividere con gli altri i propri pensieri e la propria situazione, entrambi mi hanno chiesto di leggere i loro scritti e, una volta fatto, ho chiesto io a entrambi il permesso di pubblicarli perché mi sono sembrati una testimonianza significativa.

Don francesco, cappellano

 

“NO, ASPETTA, NON È FINITA!”

Questa è la frase che, oggi, ognuno di noi deve coraggiosamente dire all’altro; che deve dire a se stesso!

In qualsiasi condizione ci troviamo, qualsiasi stato d’animo viviamo, qualsiasi dolore e sofferenza combattiamo, qualsiasi difficoltà stiamo attraversando, sappi che non è finita! No, non è la fine.

Davanti a te, ai tuoi occhi, alle tue paure e dubbi c’è ancora una luce: la vita. Quella vita che Dio ci ha donato e di cui, a volte, non si comprende il senso, la bellezza, l’importanza di ricominciare.

Se intorno a te non vedi nessuno, allora grida, grida e chiedi aiuto, ma non chiuderti in te stesso, lasciati aiutare, un amico, una persona da fargli custodire i tuoi segreti in una sana e vera amicizia.

Oggi, accanto a noi, c’è solo un apparente amico elettronico che distoglie un po’ alla volta i veri principi di un’esistenza. La storia si ripete, sempre, allora come oggi, nelle stesse strade, nelle nostre città, da una cela del carcere di Livorno, dietro porte che la vita ci ha portato a chiudere senza sapere cosa ci fosse dietro, la realtà del carcere fa paura perché tutto quello che non si conosce fa paura, così ci chiudiamo, sia dentro come in libertà, per difendersi nel gelo dell’indifferenza che anestetizza le coscienze. Così l’indifferenza prende il sopravvento e non ci fa accorgere che chi vive un disagio è prima di tutto un essere umano. Chi ha il coraggio di raccontarsi, chi ha il coraggio di ascoltare, offre sostegno e vicinanza, affianca l’altro nell’affrontare le difficoltà, condivide con loro sofferenze e speranze in un percorso di crescita reciproca e comunitaria.

Oggi si vive in una povertà generale, non solo per l’aspetto economico, ma soprattutto sociale, una carenza tramandata da padre in figlio, da generazioni in generazioni. Certo che la pretesa di uno come me che da una cella vorrebbe cambiare il mondo è ardua, ma si può, perché oggi siamo riusciti in primis a cambiare noi stessi. La mia presenza, oggi, qui, anche se non fisica, mi fa vedere oltre queste mura e la sensazione di esserci appaga un po’ la mia anima, un aggiungere vita ai giorni e non giorni alla vita… e già è l’alba di un nuovo giorno.

Nicola

 

Passa il tempo,

passano gli anni

e noi continuiamo a invecchiare,

ma perché non c’è un meccanismo

che il tempo lo fermiamo?

Chi lo sa se lassù, in Paradiso, lo troviamo.

Ecco perché il Signore mai dobbiamo allontanare,

solo lui ci può aiutare nel Paradise ad arrivare.

Ecco perché noi ogni volta, nel bisogno,

il nome del Signore nominiamo,

e solo lui e nel suo nome noi ci difendiamo,

perché l’unica via senza interruzione è la sua.

Noi, purtroppo, oggi non facciamo che allontanarlo,

anziché cercare di avvicinarlo,

invece, solo allora dentro di noi troviamo la pace,

perché tutti noi sotto un cielo siamo

e noi tutti quanti sotto un cielo moriamo,

ma con dignità e rispetto,

solo così il Paradiso di certo lassù noi a questo punto troviamo

Leo

Lettere dal carcere
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