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L’Eucaristia ci guarisce

La lavanda dei piedi con i volontari delle Associazioni

Parole chiave: giovedì santo (9)
La celebrazione del giovedì santo in Cattedrale

Nella celebrazione in coena domini, del Giovedì santo, il vescovo Simone ha lavato i piedi a 12 rappresentanti delle associazioni di volontariato presenti in Diocesi. Un gesto di vicinanza e ringraziamento a coloro che ogni giorno "lavano i piedi" a chi è in difficoltà. Monsignor Giusti ha spiegato il significato delle Letture di questo giorno, con particolare riferimento all'istituzione dell'Eucarestia e a cosa significhi per ogni cristiano accostarsi all'Ostia, cibo di vita. Al termine della celebrazione, la veglia notturna davanti al Sepolcro, accompagnata dalla visita di tanti gruppi in pellegrinaggio agli altari della Reposizione.

Guarda le foto scattate da Antonluca Moschetti https://photos.app.goo.gl/zky5Nz8ppfM8N7Tb8

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“Pasto dopo pasto, banchetto dopo banchetto, la parola di Gesù si accompagna sempre al cibo fino a che la Parola diventa cibo essa stessa. Gli evangelisti sottolineano molto la dimensione conviviale nella vita e nell’insegnamento di Gesù, al punto che si potrebbe rileggere l’intero Vangelo in questa chiave, evidenziando come ogni banchetto sia una “parola nuova”, un nuovo messaggio di salvezza. Egli è nato a Betlemme – la “casa del pane” – e ha dato inizio della sua predicazione, a un banchetto di nozze a Cana di Galilea (Gv 2,1-2). Come sappiamo, le feste nuziali allora duravano diversi giorni e gli invitati erano molto numerosi. In quel banchetto a un certo punto venne a mancare il vino, ma prima che i commensali se ne accorgessero, ecco che la Madre di Gesù intervenne facendo semplicemente notare al Figlio: «Non hanno vino». E il Figlio di rimando: «Non è ancora giunta la mia ora». Ma la Madre sa che è sempre l’ora di venire incontro a chi è in difficoltà, e con la sua materna autorità affretta l’ora del Figlio. Compiendo il suo primo “segno”, Gesù cambia l’acqua in vino; così la gioia del banchetto non viene meno, anzi, diventa ancora più grande, perché quel vino è migliore, è il “vino buono”, il vino della vita nuova. Gesù, infatti, è venuto perché abbiamo la vita e la vita in abbondanza. All’inizio della sua missione, egli benedice le nozze umane, ma, più profondamente, si manifesta come lo Sposo venuto sulla terra a cercarsi la sposa: la Chiesa, l’umanità.”[1]

Nelle relazioni umane il pasto in comune ha una rilevanza di significato eminente. Esso, infatti, genera ed esprime comunione di vita a livello fisico e spirituale. Il fatto che Dio – Uno e Trino, quindi in se stesso relazione – abbia voluto farsi nostro commensale, ci interroga.

Questo mistero, già adombrato nell’episodio di Mamre quando Abramo ospita i tre Viandanti che sono Uno (cfr. Gen 18), raggiunge la sua pienezza nell’incarnazione del Verbo venuto non solo a farsi nostro commensale, ma anche nostro cibo.

Nell’Eucaristia si fa presente il Signore risorto, che è la nostra salvezza, la realtà ultima e definitiva. L’Eucaristia è una forma permanente di apparizione pasquale, è la presenza del definitivo nel nostro mondo che passa. È l’inizio della venuta della Parusia. Anticipa le “cose ultime”, i nuovi cieli e la nuova terra. Così, attraverso il memoriale eucaristico, Dio conduce la storia e l’umanità pellegrina verso il traguardo, dove saremo tutti fratelli, dove la ferita della fraternità sarà guarita nella filiazione divina. Questa realizzazione escatologica del Regno nella storia, “qui e ora”, è l’anticipazione del suo compimento finale. 
Nell’Eucaristia, Cristo, colui che vive per sempre, si rende presente e noi entriamo in comunione con lui nello Spirito Santo. Il Risorto ci offre e ci dona ciò che egli è: la sua Parola, il suo Corpo e il suo Sangue, in breve la sua persona e la sua vita. Persona e vita del Figlio che ha riconciliato in sé tutte le cose e ha innalzato il nostro essere alla pienezza di Dio.

Eucaristia è sia memoria, sia un fatto.

E’ un memoriale. Aiuta a guarire la memoria dalle scorie del sentirsi orfani, dalle chiusure e dalle negatività. Gesù ci ha lasciato un memoriale. Egli non ci ha lasciato solo delle parole, e non ci ha lasciato solo la Scrittura. Non ci ha lasciato solo dei segni, perché si può dimenticare anche quello che si vede. Ci ha dato un cibo, ed è difficile dimenticare un sapore. Ci ha lasciato un Pane nel quale c’è Lui, vivo e vero, con tutto il sapore del suo amore. L’Eucaristia, non è un semplice ricordo, è un fatto: è la Pasqua del Signore che rivive per noi. Nella Messa la morte e la risurrezione di Gesù sono davanti a noi.

L’Eucarestia guarisce la nostra memoria ferita: la memoria orfana, quella negativa e quella chiusa.

- l’Eucaristia guarisce la memoria orfana, cioè segnata da mancanze di affetto e da delusioni cocenti, ricevute da chi avrebbe dovuto dare amore e invece ha reso orfano il cuore. Dio, però, può guarire queste ferite, immettendo nella nostra memoria un amore più grande: il suo. E pertanto ci dà l’amore di Gesù, che ha trasformato un sepolcro da punto di arrivo a punto di partenza e allo stesso modo può ribaltare le nostre vite.

- La memoria negativa è invece quella che porta sempre a galla le cose che non vanno e ci lascia in testa la triste idea che siamo buoni a nulla, che facciamo solo errori, che siamo “sbagliati”. Gesù viene a dirci che non è così. Egli è contento di farsi intimo a noi e, ogni volta che lo riceviamo, ci ricorda che siamo preziosi: siamo gli invitati attesi al suo banchetto.

Con l’Eucaristia, certamente continueremo si ad avere ancora davanti agli occhi le nostre cadute, le fatiche, i problemi a casa e al lavoro, i sogni non realizzati, ma il loro peso non ci schiaccerà e diventeremo portatori di gioia al mondo, senza lamentarci, criticare e piangerci addosso.

- L’Eucaristia, infine, guarisce anche la memoria chiusa, che ci rende paurosi e sospettosi fino a diventare cinici e indifferenti e a reagire nei confronti degli altri con distacco e arroganza, illudendoci che in questo modo possiamo controllare le situazioni.

L’Eucaristia, rompe i gusci dei nostri egoismi; spegne in noi la fame di cose e accende il desiderio di servire. Ci rialza dalla nostra comoda sedentarietà, ci ricorda che non siamo solo bocche da sfamare, ma siamo anche le sue mani per sfamare il prossimo». È urgente prenderci cura di chi ha fame di cibo e dignità, di chi non lavora e fatica ad andare avanti. E farlo in modo concreto. Servono vere e proprie catene di solidarietà.

L’Eucaristia è guarigione per il mondo ferito nella fraternità.

Laddove il peccato ci ha disconosciuto come fratelli e ci ha posti in un rapporto di opposizione e rivalità, l’Eucaristia ci fa sedere alla stessa mensa del Corpo e del Sangue di Cristo come figli dello stesso Padre e quindi fratelli e sorelle gli uni degli altri. Per questo, dopo il racconto della consacrazione, nella Preghiera Eucaristica della Riconciliazione, recitiamo: «Guarda, con benevolenza, Padre clementissimo, coloro che ricongiungi a te nel sacrificio del tuo Figlio, e fa’ che, partecipando all’unico pane e all’unico calice, per la potenza dello Spirito Santo, siano riuniti in Cristo in un solo corpo, che non conosca divisione e discordia».

1] Liberamente ripreso da una riflessione di Madre Canopi del Monastero di S.Giulio.

La celebrazione del giovedì santo in Cattedrale
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