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Don Andrea nuovo rettore di Casa Balthasar

L'intervista al sacerdote livornese

Parole chiave: casa balthasar (1), don andrea brutto (1)
«L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio Nostro Signore»

Nei giorni scorsi, don Andrea Brutto, sacerdote della Chiesa livornese, già rettore del Seminario Gavi, è venuto a far visita a monsignor Giusti.
Da oltre dieci anni vive a Roma a Casa Balthasar, di cui ne è diventato il rettore pochi giorni fa: ci siamo fatti raccontare di più di questa sua esperienza.

Come nasce la Casa Balthasar?

Per rispondere alla domanda è necessario risalire al 1990, quando l’allora card. Ratzinger riunì alcuni amici di Balthasar, morto due anni prima, per costituire un’Associazione che avesse come scopo quello di fare conoscere, soprattutto fra i giovani, la figura e l’opera di Henri de Lubac, di Hans Urs von Balthasar e di Adrienne von Speyr, e di promuovere una vita secondo il Vangelo insieme a degli studi riguardanti l’ambito teologico e culturale di questi autori. Fin da subito i primi soci si mossero per trovare un luogo dove dare concretezza a questo fine. Così è nata la Casa Balthasar, la cui guida venne affidata al gesuita p. Jacques Servais, discepolo di Balthasar, che ha svolto questo compito per oltre trent’anni.

Qual è la “missione” della Casa?

Innanzitutto, la Casa accoglie quei giovani che sentono il desiderio dare alla propria vita un senso pieno, offrendo loro l’opportunità di trascorrervi un periodo (in genere della durata di due anni) di verifica e di scelta; e anche di ricevere, durante questo tempo, una formazione spirituale e intellettuale nello spirito dei nostri tre autori di riferimento. Seguendo il metodo di sant’Ignazio di Loyola, la cui spiritualità ha segnato fortemente questi autori, viene proposta un’iniziazione alla preghiera e al discernimento della volontà di Dio mediante Esercizi spirituali personalmente guidati. Vengono poi offerti dei seminari di studio all’interno di un’Accademia in cui si approcciano direttamente i testi della fede bimillenaria della Chiesa e i classici di ogni tempo (da Omero ai tragici greci, da Dante a Shakespeare, Dostoevskij, Péguy, Bernanos, ecc.). Il metodo è semplice: dopo una breve introduzione viene dato un tempo di lettura del testo e poi ci si ritrova per uno scambio a partire dalla domanda: «Cosa dice l’autore?» prima di porsi l’altra: «Cosa mi ha toccato?». In questo modo, non è raro che si dia il caso in cui il docente impari dallo studente, perché come soleva dire Balthasar: «Ha ragione chi vede di più».

La Casa è aperta solo ai residenti?

La Casa è anche un luogo dove si viene a fare esercizi spirituali personalmente guidati ed è pure frequentata da ricercatori che, volendosi confrontare con il pensiero dei nostri autori e di quelli di cui essi hanno trattato, trovano una Biblioteca specializzata che conta oltre 15.000 volumi. L’estate, poi, è il tempo in cui si propongono alcune sessioni di formazione culturale, che in genere si svolgono in luoghi diversi (ultimamente siamo stati in Piemonte, in Francia, in Germania) aperte in particolare a giovani studenti o professionisti, di regola fra venti e trent’anni, anche sposati, che intendono acquisire uno sguardo cristiano sul mondo, per agire nel loro ambiente come il lievito nella pasta.

Come possono gli scritti di teologi come Balthasar aiutare la Chiesa di oggi?

Papa Francesco parla sovente di «teologia in ginocchio». Ecco, Balthasar – e non solo lui perché potremmo citare de Lubac e altri – aiuta a fare teologia così, cioè una teologia legata al vissuto della fede, non astratta, costruita a tavolino, ma che nasce dall’ascolto di Dio che parla nella Rivelazione e nella storia. Il grande dramma che si è consumato al tempo della tarda Scolastica è stato quello di una frattura tra teologia e vita spirituale. Balthasar ci aiuta a ricomporre questo legame fondamentale. Non a caso la figura di riferimento è per lui l’apostolo Giovanni, il quale è chiamato «il teologo» a motivo dell’intelligenza della Rivelazione acquisita a partire dal suo rapporto vivo di amore con Gesù.

Da rettore del Seminario a Livorno a rettore di una Casa di Spiritualità…due realtà diverse ma che mettono al centro lo studio e la ricerca, com’è cambiata la tua esperienza e com’è cambiato il modo di approcciarsi dei giovani che hai incontrato?

Da quando sono in Casa Balthasar, si è ampliato in me l’orizzonte della vocazione. Non è detto che a un giovane uomo che mostra un’inquietudine vocazionale la risposta da dare sia di entrare in seminario. Può darsi che la sua chiamata sia quella ad una vita consacrata in un ordine religioso o anche in un istituto secolare, come laico consacrato nel mondo. Così anche per una giovane donna, non è detto che la risposta al suo desiderio di consacrazione sia l’entrata in un ordine religioso, perché il Signore può benissimo chiamare ad una consacrazione nel mondo. La sfida è quella di aiutare un giovane a scegliere lo stato di vita che Dio ha scelto per lui. Si tratta allora di esercitarsi nell’ascolto di quello che Dio continua a dirci, di essere aperti alla Parola che lo Spirito oggi indirizza al singolo nella Chiesa, perché possa compiere fedelmente la sua missione nel mondo. Per poter vivere ciò, è necessario ripartire dai fondamenti, dal riscoprire il senso della nostra vita di fronte a Dio, così come s. Ignazio ce lo presenta all’inizio del Principio e fondamento: «L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio Nostro Signore» (ES 23).

Per saperne di più sulla Casa e le sue attività, si può visitare il sito www.casabalthasar.org

«L’uomo è creato per lodare, riverire e servire Dio Nostro Signore»
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