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Il Presepe di San Paolo

Alla parrocchia San Ferdinando

Parole chiave: cooperatori paolini (10)
L'incontro dei Cooperatori Paolini
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In prossimità del Natale, frate Silvestro Bejan di Roma ha tenuto presso la Parrocchia di San Ferdinando un incontro di riflessione  per i Cooperatori paolini di Livorno. Frate Silvestro ha scelto il passo dalla Lettera ai Galati (4, 4-5) “Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano sotto la Legge, perché noi ricevessimo l’adozione a figli”.

Paolo, in questa pericope, ci presenta il suo “Natale”: l’Incarnazione. L’Apostolo non racconta la  nascita di Gesù, né ci parla di grotta, di mangiatoia, di presepe, di angeli, di pastori; non fa il nome di Maria e neppure nomina Giuseppe. Non c’è Betlemme; mancano Erode, i dottori della Legge  e i magi. “eppure c’è l’essenziale; la nascita del Salvatore nella carne per la nostra salvezza”. Paolo va dritto al cuore del mistero.

La Lettera ai Galati contiene il passo più antico del Nuovo Testamento relativo alla nascita di Gesù. Paolo la scrisse tra il 54 e il 57 per controbattere una predicazione fatta da alcuni ebrei cristiani dopo aver lasciato la comunità: questi missionari avevano convinto alcuni Galati che l’insegnamento di Paolo era incompleto e che la salvezza richiedeva il rispetto della Legge di Mose, in particolare della circoncisione. Paolo contrasta questo orientamento proclamando la libertà dei credenti e la salvezza per mezzo della fede.

E’ il momento più alto della lettera in cui annuncia il compimento della salvezza: Dio Padre interviene nel corso della storia con un evento straordinario, perché è giunta la pienezza del tempo, il tempo messianico. L’età che l’hanno preceduto sono un tempo di preparazione e di attesa per la realizzazione delle promesse dell’Antico Testamento. Queste diventano realtà perché il tempo del Messia è iniziato ed è il tempo nuovo, definitivo della salvezza: Dio ha mandato il suo proprio Figlio “nato da donna , nato sotto la Legge”. Il greco ha propriamente il termine “divenuto da donna”, ma già la Vulgata, che traduceva filium, factum est ex muliere, ha diversi manoscritti che rendono natum ex muliere, forse per attenuare lo scandalo della realtà umana della nascita di Gesù.

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L’espressione “nato da donna”, ha un concretissimo valore antropologico: esprime l’imprenscindibile conditio degli umani. Nascere da donna è un passaggio obbligato per venire al modo, anche per il Figlio di Dio. Questa espressione connota anche l’intrinseca fragilità dell’essere umano, e questa vita fragile e mortale, Dio ha deciso di sposare. Abbiamo il paradosso sconvolgente della fede cristiana: un Dio che prende corpo, che si umanizza. Nel prologo della Lettera ai Romani, Paolo presenta un altro elemento di storicità, precisando che il vangelo di Dio riguarda “il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne” (Rm1,3.) E in Rm 9,5 parlando degli Israeliti, suoi fratelli e consanguinei, ribadisce : “da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli”.

Questi dati essenziali troveranno esplicitazione nei primi due capitoli di vangeli di Matteo e Luca, che narrano l’origine e la nascita di Gesù, racconti che ci consentono di realizzare il “presepio”, ed entrambi concordano nell’attestare sia le origni davidiche di Gesù e la divina maternità di Maria, la quale concepì non da uomo ma da Spirito Santo.

Il paradossale agire di Dio che si fa uomo per fare divini gli umani, che si sottomette alla Legge per riscattare dalla sottomissione alla Legge, viene da Paolo approfondito e spiegato nel senso che l’esser liberati dalla sudditanza  alla legge non significa essere senza legge, ma essere guidati da una legge nuova e alternativa , “la legge dello Spirito”, vale a dire: quella legge  che è lo stesso Spirito. Stolti saremmo noi, non meno dei Galati, se dopo essere affrancati dalla legge, ricadessimo prigionieri di una mentalità legalista. Siamo stati liberati per rimanere liberi, non pìù servi, ma figli e dunque eredi, partecipi della stessa eredità di Cristo.

A conclusione frate Silvestro pone la domanda. “Quale Natale celebrare? Quello del Cristo nato da donna per farti nascere da Dio. Natale della consapevolezza della liberta per la quale siamo stati a caro prezzo liberati. Natale da figli di Dio grati e felici di rivolgerci a Lui come al caro Papà. Un Natale in sintonia con i sentimenti di un Dio che discende e condivide l’umana esistenza, e un Natale solidale con tutti i poveri e gli oppressi, un Natale ecumenico, poiché Lui rende tutti figli di Dio”.

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