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Abitudini stravolte

La riflessione del direttore della Pastorale della salute diocesana

Parole chiave: pastorale della salute (2), corona virus (26)
Gli operatori sanitari possono fare molto

Stiamo vivendo un periodo molto triste che passerà alla storia. Tutte  le nostre certezze sono saltate, le abitudini di una vita cancellate, abbiamo dovuto letteralmente ripensare la nostra vita e reiventarla.

Noi cristiani abbiamo dalla nostra parte la certezza che il Signore cammina accanto a noi e che non ci abbandonerà mai. Anche noi sperimentiamo tuttavia il timore che Dio ci abbia abbandonato, l’assenza di Dio. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? “ Grida Gesù sulla croce. Sappiamo che queste parole sono l’inizio del salmo 21 che in realtà prosegue invocando l’aiuto di Dio: “Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto”. Oggi sperimentiamo cose che non avremmo mai pensato di vivere e che sono particolarmente dolorose. Il non poter partecipare alla Santa Messa direttamente, la difficoltà di ricevere la Santa Comunione, la lontananza dei fratelli. Pensiamo ai moribondi che muoiono in assenza del conforto dei cari e che non hanno la possibilità di riconciliarsi con Dio e di accedere ai sacramenti, la Comunione e l’unzione degli infermi. Il dolore di queste persone e dei loro familiari è veramente immenso e manca il conforto di un sacerdote, di una benedizione, di una consolazione spirituale che è importante per tutti e ancor di più per una persona che sa di non avere molto tempo da vivere. Nel nostro piccolo come operatori sanitari possiamo fare molto, una parola gentile, un gesto di affetto, una benedizione che può invocata anche da un laico.

Questa vera Quaresima che stiamo vivendo non deve farci abbandonare la speranza. Il Signore ha vinto definitivamente la morte e non è certamente Lui ad inviarci le malattie e le sofferenze, anzi Lui è venuto in questo mondo proprio per guarirci nel corpo e nello spirito. Deve comunque farci riflettere sulla vanità dell’uomo che si affida soltanto a sé stesso. Il peccato dell’arroganza, quello della superbia che non ci abbandonano mai. Oggi come non mai siamo consapevoli della fragilità della natura umana, della caducità delle nostre certezze; un semplice essere microscopico, un virus si fa beffe della nostra scienza, dei nostri potenti mezzi materiali. Ci chiama a cambiare le nostre scelte di vita, le nostre abitudini, a sentirci veramente fratelli. Le guerre, lo spregio del creato, lo scandalo dell’aborto, la mancata solidarietà con gli ultimi e con le nazioni povere del mondo, tutte cose che ci allontanano da Dio e dai fratelli.

Cominciamo a guardare dentro noi stessi perché il mondo che rinascerà dopo questa pestilenza sia un mondo migliore.

*Direttore della Pastorale della Salute Diocesi di Livorno

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