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L’escalation sotto il regime Ortega-Murillo

Intimiditi, arrestati o esiliati: si è inasprita la persecuzione contro i sacerdoti, ultimo bastione della lotta civile

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Nicaragua, l’anno più duro per la Chiesa

La Chiesa cattolica vive in Nicaragua l’anno più difficile, con 127 attacchi da parte del regime di Daniel Ortega, in un’escalation di violenza che segna almeno 396 aggressioni registrate dal 2018. Anno che marcò l’inizio della repressione delle proteste, con il pugno di ferro contro il clero, accusato di aver dato protezione ai manifestanti pacifici nella “rivolta di aprile”. Arresti, esilio forzato di sacerdoti e religiosi, attentati armati, minacce di morte, profanazioni di chiese e divieto di attività religiosa sono documentati nel rapporto “Nicaragua, una Chiesa perseguitata?”, realizzato dall’avvocata nicaraguense Martha Patricia Molina sulla base dei casi comprovati nelle diocesi e dai media. «Gli attacchi alla Chiesa segnano un’escalation in quanto, come istituzione, è l’ultimo bastione della lotta civile in Nicaragua ed è vista come una minaccia dalla dittatura della coppia Ortega-Murillo, poiché sacerdoti e vescovi continuano a portare la parola del Vangelo e a denunciare le violazioni dei diritti umani», ha spiegato Molina nella presentazione virtuale del dossier.

Quello in corso è di gran lunga l’anno peggiore, poiché oltre all’impennata rispetto alle 54 aggressioni registrate nel 2021, «abbiamo osservato che la dinamica è cambiata», ha spiegato la legale. «Se in un primo momento si riportavano più profanazioni, atti sacrilegi contro le chiese, furti, ora la strategia di persecuzione è diretta non solo con minacce di morte con armi, come quelle ricevute da 13 sacerdoti, ma con processi basati su accuse fabbricate contro i religiosi e aggressioni dirette a mezzi di informazione della Chiesa e organizzazioni senza scopo di lucro». l resoconto parla di 11 sacerdoti incarcerati, in maggioranza accusati di cospirazione e diffusione di notizie false, gli

stessi reati per i quali sono stati condannati ex candidati presidenziali, leader sindacali e difensori dei diritti umani. « A oggi, sono confermati 11 religiosi esiliati, fra i quali un vescovo, 8 sacerdoti e 2 diaconi, 18 suore dell’ordina della Carità espulse dal Paese, dopo quella del prete Luis Carrillo e del nunzio apostolico Sommertag , mentre a 9 sacerdoti è stato vietato l’accesso al Paese », ha enumerato Martha Patricia Molina. Dei 396 attacchi, 104 sono stati contro chiese, 30 contro Ong, media e progetti collegati Chiesa, 133 a religiosi, 53 scritte e messaggi d’odio sulle facciate di templi, 14 i processi penali senza garanzie, 62 le azioni repressive contro laici, 38 i casi di tortura e trattamento inumano o degradante nelle carceri.

A tre mesi dall’assalto di polizia alla curia episcopale di Matagalpa, nell’arcidiocesi di Managua, e dall’arresto domiciliare del vescovo Rolando Älvarez, ancora non si sa di quale reato sia accusato. « L’ermetismo è totale. È un iter parallelo che non si può chiamare processo giudiziario, ma solo sequestro, perché non esiste nessun documento che formalizzi i motivi per i quali il vescovo sia costretto agli arresti domiciliari», ha denunciato l’avvocata. Che osserva «con molta preoccupazione il silenzio della Conferenza episcopale e dei prelati che sono liberi o in esilio, perché – ha aggiunto – sarebbe importante un loro pronunciamento pubblico contro la repressione».

Fonte: Avvenire
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