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La sfida. Dare un «cuore» alla Rete

Una riflessione sul documento del Dicastero vaticano per la comunicazione dedicato alla presenza dei cristiani sul web

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«Verso una piena presenza. Riflessione pastorale sul coinvolgimento con i social media», è il titolo del recente documento del Dicastero vaticano per la comunicazione. Il testo è stato pubblicato alla fine del mese di maggio, scegliendo la data significativa della festa di Pentecoste. La Chiesa cattolica, e in particolare la Chiesa italiana, ha mostrato costantemente una grande attenzione al fenomeno della comunicazione attraverso Internet e sui social media (un breve elenco di convegni e documenti è riportato nella grafica sottostante, ndr), ma il documento appena pubblicato riveste un particolare interesse perché si presenta come una sorta di “manifesto” della presenza cristiana sui social. Un manifesto che va incontro alla richiesta di “molti cristiani che chiedono ispirazione e guida, poiché i social media, che sono una delle espressioni della cultura digitale, hanno avuto un impatto profondo sia sulle nostre comunità di fede sia sui nostri percorsi spirituali individuali” (n. 2).

Il documento non offre “delle linee guida puntuali per il ministero pastorale”, ma piuttosto costituisce lo spunto “per promuovere una riflessione comune sulle esperienze digitali, incoraggiando sia gli individui sia le comunità ad adottare un approccio creativo e costruttivo, che possa favorire una cultura della prossimità” (n. 5). L’immagine del Buon Samaritano è quella che attraversa tutto il documento, come modello per camminare sulle “strade digitali” e promuovere relazioni pacifiche, significative e attente sui social media. La parabola è assunta come chiave di lettura dei fenomeni legati alla rete e ai Social, partendo dal punto di vista di chi viene “lasciato indietro”, in vario modo, dagli ambienti digitali (n. 18) e proponendo una prospettiva di umanizzazione dei Social.

Sono trascorsi ormai quasi 20 anni dalla introduzione dei Social network, e le piattaforme digitali sono diventate “spazi” di vita, oltre che essere strumenti di comunicazione e di costruzione di relazioni personali e sociali. In essi “si formano i nostri valori, le nostre convinzioni, il nostro linguaggio e le nostre ipotesi sulla vita quotidiana” (n. 10). Dopo le molteplici esperienze messe in atto dalle comunità cristiane disseminate sul territorio, diocesi e parrocchie, associazioni e ordini religiosi, il documento sembra dirci che è giunto il momento di una riflessione più approfondita, di taglio pastorale. La Chiesa italiana è stata anche in questo anticipatrice, con la ricerca “Churchbook”, i cui risultati furono presentati in un convegno a Milano nel 2014.

Oggi il documento pone all’attenzione di tutti alcune domande fondamentali: “Che tipo di umanità si riflette nella nostra presenza negli ambienti digitali? Quanto delle nostre relazioni digitali è frutto di una comunicazione profonda e sincera, e quanto invece è semplicemente plasmato da opinioni insindacabili e reazioni appassionate? Quanto della nostra fede trova espressioni digitali vive e rivitalizzanti? E chi è il mio “prossimo” sui social media?” (n. 5). Le domande si propongono di richiamare l’attenzione sulla presenza in rete di singoli credenti e della comunità cristiana per “umanizzare” l’ambiente digitale e offrire “punti di incontro” aperti a tutti.

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