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La messa in metropolitana

Due sacerdoti e due suore della Chiesa greco-cattolica accompagnano le persone in fuga dai raid aerei

Parole chiave: confessioni (2), guerra (58), ucraina (52)
A Kiev si confessa sotto le bombe
messa kiev

«Ogni volta che “risalgo”, mi rendo conto di quanto sia importante esserci», racconta padre Giosafat Kovaliuk, sacerdote della Chiesa greco-cattolica, dopo l’ennesima “incursione” in metropolitana. Il sistema di treni sotterranei che circola nelle viscere di Kiev è diventato uno dei luoghi-simbolo della guerra di Putin. Migliaia e migliaia di abitanti vi si rifugiano quando i bombardamenti si fanno tanto intensi da far tremare perfino l’asfalto. Donne, uomini, bambini e anziani si precipitano per le scale e restano per ore sulle banchine, trasformate in bunker d’emergenza. Alcuni, addirittura, hanno riadattato le carrozze di quelle stazioni dove la circolazione è stata fermata e ci abitano dentro. Si tratta, in genere, di sfollati dei villaggi circostanti, distrutti o occupati dall’esercito russo. Laggiù, pur relativamente al sicuro, il “popolo del sottosuolo” attende, con angoscia, di conoscere che cosa vedrà in superficie fra qualche ora, giorno o settimana. Forse, una volta riemerso, non troverà più case, parenti, amici. «La nostra parrocchiana Victoria Romaniuk, giovane medico, fin dall’inizio impegnata come volontaria nella metropolitana, ci ha raccontato la sofferenza delle persone che si trovava di fronte quotidianamente – racconta padre Giosafat, appartenente all’ordine di San Basilio il Grande –. Tanti avevano crisi di panico, ansia, si sentivano persi. È stata lei a suggerirci di “scendere” per cercare di consolarli». Padre Giosafat non se l’è fatto ripetere.

Insieme al confratello Toma Kushka e alla religiose basiliane Elene Basarab e Elisabetta Varnitska, due settimane fa, si è recato in una stazione del centro – il nome non può essere rivelato per ragioni di sicurezza – per incontrare i rifugiati.
«È stato tutto molto naturale. Siamo scesi e ci siamo mescolati a loro. Alcuni, riconoscendoci come preti, si sono avvicinati spontaneamente in cerca di una parola di conforto, di una preghiera, di una chiacchierata per sfogarsi. Altre volte, erano i volontari a portarci qualcuno particolarmente sofferente. Si sono rivolti a noi, persone di ogni fede e non credenti. Vari cattolici ci hanno chiesto di essere confessati: alcuni non lo facevano da anni. Abbiamo compreso che la nostra presenza era necessaria».

I sacerdoti e le religiose, dunque, hanno preso a recarsi alla stazione della metro con regolarità, a giorni alterni. In breve, una dipendente del servizio di trasporti ha offerto loro uno spazio ritirato per svolgere l’attività di assistenza spirituale. Il 27 marzo, padre Giosafat ha celebrato, per la prima volta, la Divina Liturgia lungo i binari. «È stato un momento molto intenso. Abbiamo, dunque, deciso di ripeterlo, con regolarità».

Ogni domenica, a partire da dopodomani, la sera, la stazione della metro avrà la sua Divina Liturgia, confessioni e assistenza spirituale proseguiranno con regolarità anche durante la settimana. «Sono state le persone a dirci che le fanno sentire meglio. Non ha idea di quanti frammenti di dolore raccolgo là sotto. Il primo giorno, mi si è avvicinata una donna, in lacrime. Era disperata per il marito e i suoceri, rimasti in un villaggio poco distante dalla capitale. Un missile aveva colpito la loro casa e si era incastrato in un muro, senza esplodere. Era là, una spada di Damocle sulle teste dei suoi familiari, poteva saltare in aria da un momento all’altro. Oltretutto non avevano possibilità di fuggire perché la zona era stata occupata dai russi. Mi ha molto toccato la sua sofferenza. Mi ripeteva di continuo: “Preghi per me”. Ho celebrato la Divina Liturgia con un’intenzione particolare per lei. Al termine è venuta a salutarmi. Sorrideva. Mi ha detto che i suoi parenti erano riusciti a raggiungerla. E mi ha ringraziato per averla accompagnata. In realtà avrei dovuto essere io a dirle grazie perché mi ha ricordato quanto è importante stare al fianco del popolo». La Chiesa greco-cattolica – a cui aderiscono quattro milioni di ucraini, il 10 per cento della popolazione – ha una lunga storia di “presenza” nei momenti cruciali.

continua a leggere (https://www.avvenire.it/mondo/pagine/confessioni-metropolitana-kiev)

Fonte: Avvenire
A Kiev si confessa sotto le bombe
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