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Si può essere randagi e ribelli, ma fare anche il bene

Un film che fa riflettere anche sull'epoca in cui viviamo

Parole chiave: aquile randagie (3)
Una lettura del film "Aquile randagie"

Nei giorni scorsi è stato possibile, in molte sale cinematografiche del nostro paese, assistere alla proiezione di “Aquile Randagie” l’esordio al lungometraggio di Gianni Aureli che, per la prima volta nella cinematografia italiana, racconta il mondo degli scout e lo fa da una prospettiva inattesa, intrecciando una storia dello scoutismo a quella della resistenza italiana.

Il film racconta, infatti, di scout un po' speciali, a loro modo ribelli, di Milano, Monza e Parma che hanno continuano a svolgere le loro consuete attività giovanili (in clandestinità) durante il periodo del fascismo che nel 1928 avevo sciolto le realtà scoutistiche operative nel nostro paese e le aveva fatte confluire “ex lege” nell’opera nazionale balilla.

Addirittura grazie all’opera di questi giovani “randagi”nella Val Codera, situata poco sopra Novate Mezzola, si svolgeranno “normali” campi-scout nel 1941, 1942 e 1943 durante il quale fu “festeggiata” la caduta del fascismo la notte del 25 luglio.

Viene da chiedersi se, tuttavia, più che essere ribelli questi ragazzi non abbiano rispettato, fino alla fine, la parola data.

La promessa, infatti, allora dell’Asci (Associazione Scouts Cattolici Italiani) di allora impegnava gli scout, con l'aiuto di Dio,  a fare del proprio meglio per compiere il proprio dovere verso Dio e verso la Patria, ad aiutare il prossimo in ogni circostanza ed, ovviamente, ad osservare la legge Scout che può ben sintetizzarsi nell’invito di Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo mondiale, a cercare di lasciare, per quanto possibile potremmo dire, questo mondo un po' migliore di quanto non l'abbiamo trovato.

Seguire, insomma, il Duce ed il Fascismo deve essere sembrato a questi ragazzi un tradimento verso il proprio paese ed il bisogno di lasciare alle prossime generazioni un mondo migliore: un tradimento della Promessa.

Ancora una volta, insomma, il cinema aiuta a costruire una memoria comune, oltre 70 anni dopo la fine della guerra, raccontando (anche grazie alla bella colonna sonora firmato da Cisco Belotti) una storia dell’Italia che ci piace, una “best practice” potremmo dire, che per molti (troppi) anni era finita nel dimenticatoio della memoria.

Per troppo tempo, infatti, si è voluto ridurre, anche in modo un po' caricaturale ed andando contro la verità storica, la lotta di liberazione al nazi-fascismo ad una narrazione maggioritaria fatta, se non solamente, prevalentemente di “bella ciao” e bandiere rosse.

L’antifascismo, invece, fu, fortunatamente, anche ben altro e il regista/capo scout Gianni Aureli ce lo ricorda, se mai ce ne fosse bisogno, una volta di più.

Si può essere, insomma, ribelli o “randagi”, ieri come oggi, non solo perché rivoluzionari ma anche perché capaci di essere fedeli alla parola data ed al dovere di fare del nostro meglio per il proprio paese.

Una lettura del film "Aquile randagie"
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