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“Domenica delle Palme, segno dell'umiltà di Gesù”.

Domenica delle Palme

Parole chiave: commento al vangelo (220)
“Portare” Gesù al mondo

Forma breve (27, 11-54):
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo
- Sei tu il re dei Giudei?
In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
- Salve, re dei Giudei!
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.
- Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
- Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
- Elì, Elì, lemà sabactàni?
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio! 

Oggi, Domenica delle Palme, ripercorriamo l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e gli avvenimenti della sua Passione. Inizia la Settimana Santa, vertice dell’anno liturgico: siamo chiamati a viverla in modo particolare, più vicini al Signore con la preghiera, più raccolti, preparando il cuore alla allegria della Pasqua.

L’ingresso a Gerusalemme indica, per Gesù, avvicinarsi al compimento della sua attività. Durante gli anni della vita pubblica ha annunciato il Regno di Dio, ha chiamato i discepoli e guarito tanti nel corpo e nello spirito. Insieme all’accoglienza e alla lealtà di chi lo segue, nonostante mancanza di comprensione e fatica, migliora, sempre più brusco, l’opposizione da parte di altri, soprattutto in seno ai gruppi religiosi “di potere”. Fino a questo momento Gesù ha sempre, in qualche maniera, scansato l’esplicita definizione di Messia. Ora il tempo è compiuto: egli entra nella città che sopprime i profeti; la sua identità e il suo messaggio si svelano pienamente, e non senza effetti.

“Portare” Gesù al mondo. L’immagine di questo puledro che porta il Messia può essere una occasione di meditazione per noi. Si nota che esso è legato e che i discepoli devono slegarlo. Ciò che Cristo afferra non è rubato né limitato per essere posseduto (infatti “li ridarà subito”) ma è ponte perché Gesù ami gli uomini. Per farsi strumenti di Cristo non si può essere allacciati e avere idoli o padroni. Così è per noi: quando il Signore ci chiama non è per impossessarsi indebitamente della nostra vita, ma per renderci liberi dalle catene che ci legano e per poterlo “condurre” al mondo, ognuno con la propria vocazione, nell’umiltà, come uomini liberi.

Gesù ci raggiunge in modi inaspettati, al punto da sembrare stoltezza o pazzia: riconoscerlo e accoglierlo divengono per noi una provocazione e ci chiamano, nella Pasqua ormai vicina, alla sorveglianza e allo stupore.

“Portare” Gesù al mondo
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