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Un incontro a cura dell'ufficio scuola della Diocesi

La storia di Giorgia: una pasticca di droga e la vita segnata per sempre

Parole chiave: droga (16)
La droga: conoscerla per combatterla

A cura dell'Ufficio diocesano per la scuola diretto da Pierluigi Giovannetti, si è tenuto nella struttura del Centro culturale di Via delle Galere un incontro sul tema: “Io non smetto... mica si muore per una pasticca!”. Il professor Marcello Marino ha presentato la relatrice, la dottoressa Giorgia Benusiglio che, anni fa, allora giovane diciassettenne, nell'assumere una “mezza” pasticca di ecstasy aveva rischiato la morte. Ha anche ricordato che al mattino Giorgia aveva parlato ai ragazzi delle Scuole medie ottenendo una grande partecipazione e un profluvio di domande. Marino ha proposto a Giorgia di fornire la sua esperienza su due quesiti: 1) dare risposta alle preoccupazioni dei genitori che hanno paura che ai propri figli possa accadere quello che era successo a lei, e 2) come i genitori possono essere in grado di stare vicini ai propri figli nel modo giusto in situazioni dolorose. Così Giorgia ha parlato subito della sua tragedia, a 17 anni per aver preso una mezza pasticca di ecstasy ha avuto come conseguenza la necrosi del fegato, il trapianto del fegato, il successivo secondo intervento, le difficoltà del drenaggio, il taglio delle costole di destra.

“L'ospedale di Niguarda è stato per me una seconda casa”, era arrivata a pesare 27 chili per poi procedere nella riabilitazione muscolare e polmonare. Il trapianto abbassa le difese immunitarie e un semplice raffreddore poteva essere letale per lei. Un racconto terrificante. Mezza pasticca di droga le è costato 17 ore di intervento e poi l'assunzione di farmaci per tutta la vita. I miei genitori -ha aggiunto- mi sono sempre stati vicini, ma io non sono stata più capace di recuperare la gioia del loro volto. A quel tempo facevo danza ma ho dovuto abbandonare il mio sogno di ragazza. Lavoro sempre, anche oggi, su me stessa, e vivo ogni giorno come se fosse l'ultimo. E ha poi confessato: la paura ti penalizza ma bisogna saper gestire anche la paura. Ho detto tutto questo ai ragazzi questa mattina e anche: voglio tornare indietro! Le scelte che facciamo -ha continuato- possono fare la differenza tra la vita e la morte, quella scelta sbagliata che ho fatto l'ho dovuta pagare per il resto della vita. Giorgia ha poi diffusamente parlato delle droghe, della loro composizione, della differenza tra principio attivo e sostanze di taglio e ha evidenziato che la droga è più subdola di quanto si possa immaginare, la casistica parla di un morto ogni 26 ore. Ma quando un giovane si sente male i suoi amici come si comportano? Emerge che gli “amici” lo sono solo di nome. In questi casi alcuni dicono: bevi che ti passa, come se l'alcol potesse inibire la droga, altri continuano a ballare, altri lasciano morire l'amico in un parcheggio, tutti casi realmente accaduti. C'è chi riesce a chiamare i soccorritori, ai quali il malcapitato, prima di morire, dice: i miei amici non volevano che vi chiamassi! Spesso la morte del giovane drogato viene anche infangata dagli “amici”. E si muore tra atroci sofferenze causate da edema celebrare o polmonare.

Venendo alle conclusioni e rispondendo alle domande dei presenti, Giorgia ha detto: “se i genitori chiedono: dove abbiamo sbagliato, nessuno può dar loro una risposta esauriente, così come la vera amicizia tra i ragazzi consiste “nella reciproca accettazione dei propri limiti e dei propri difetti”. Il rapporto tra genitori e figli non deve basarsi solo su formule ripetitive, se il genitore chiede al figlio, giorno dopo giorno, come è andata oggi a scuola, non si instaura niente di costruttivo. Se invece, partendo anche da un fatto di cronaca, si chiede al ragazzi: tu cosa ne pensi?  Allora il dialogo si fa più concreto, e si fa crescere la responsabilità del giovane ad affrontare le cose, e tra queste cose vi è anche il problema droga. Il giovane viene così stimolato a fare delle scelte corrette non solo per se ma anche per i suoi genitori e per chi gli vuole bene, bisogna perciò imparare ad amare e “ad amarci”, comunque i genitori devono cercare sempre di dare dei consigli pratici. E la fede? A questa domanda Giorgia ha detto che fino al momento del ricovero in ospedale non era stata una credente perfetta, ma quando su 22 ore su 24 si rimane svegli, non si può non pensare a Dio, al suo aiuto, anche se si fanno promesse che poi non si mantengono, la fede comunque può dare un aiuto, una forza rigeneratrice.

La droga: conoscerla per combatterla
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