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"Abbi cura di lui"

Il ricordo di Jerome Lejeune, continuatore degli studi di Down sulla sindrome 21

Parole chiave: giornata del malato (10)
La Giornata del Malato: la celebrazione nella cappella dell'ospedale

Nella Chiesa dell'Ospedale è stata concelebrata la Messa della 31ª Giornata Mondiale del Malato. I canti sono stati animati dai fedeli della parrocchia della Seton, molto numerosa è stata la presenza delle Associazioni del Volontariato: l'AVO, le Misericordie di Livorno, Antignano e Montenero, l'Associazione Frates, l'Ordine di Malta e l'Ordine di San Giorgio. Tra i numerosi presenti anche alcuni medici, tra cui Suor Costanza Galli, responsabile delle Cure Palliative.

Il Vescovo ha concelebrato con il Canonico don Placido Bevinetto, Cappellano dell'Ospedale e con don Stanislaus un sacerdote proveniente dalla Tanzania. In apertura del rito Mons. Giusti ha ricordato che la memoria liturgica dell'11 febbraio era stata dedicata da Papa Giovanni Paolo I alla Beata Vergine Maria di Lourdes. Finalmente -ha aggiunto- questa celebrazione si è potuta riprendere dopo gli anni della pandemia e quindi ha ringraziato i medici e gli infermieri per la loro dedizione. Ora i malati di Covid -ha concluso- sono quasi scomparsi e i dati che ci vengono forniti sono rassicuranti.

Il Vescovo ha poi dato la parola al dottor Luca Mastrosimone, responsabile della Pastorale per la salute, perché leggesse le parole di Papa Francesco espresse nel messaggio “Abbi cura di lui”. La malattia -scrive il Papa- fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell'isolamento e nell'abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione”. “Ciò che importa -aggiunge- è riconoscere la condizione di solitudine, di abbandono. Si tratta di una atrocità che può essere superata prima di qualsiasi altra ingiustizia, perché -come racconta la parabola (del buon samaritano)- a eliminarla basta un attimo di attenzione, il movimento interiore della compassione”. “Fratelli, sorelle (dice ancora il Papa) non siamo mai pronti per la malattia. E spesso nemmeno per ammettere l'avanzare dell'età. Temiamo la vulnerabilità e la pervasiva cultura del mercato ci spinge a negarla. Per la fragilità non c'è spazio. E così il male, quando ci assale ci lascia a terra tramortiti”. Il Papa afferma ancora “è importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con l'esempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido “ospedale da campo”. Al termine del messaggio il Papa dice ancora: “Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile” e “le persone malate sono al centro del Popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di una umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare”.

Nell'omelia il Vescovo ha ricordato che molte persone gli avevano chiesto di fare un cimitero per i cani a dimostrazione dell'affetto che non accetta la morte come fine di tutto. La morte -ha aggiunto- non la conosciamo, la vediamo solo dall'esterno, è un processo biologico ed è un fenomeno relazionale. Ha poi ricordato la morte della sua cara nonna e il suo desiderio di pregare, consapevole che la preghiera va “oltre” la morte. Tutto si trasforma e si apre al mistero dell'immanenza, il mistero dell'uomo. E' solo dell'uomo il mistero del sacro, l'elevazione a Dio. L'uomo fin dai primordi dell'umanità nasce con il senso del sacro, le scoperte archeologiche ce lo dimostrano, il senso di Dio, scopre una vita che va “oltre”. L'uomo presente nelle tre religioni monoteistiche è un insieme di sapere e di spirito. Intuisce, è razionale, ha una grande capacità di amare, è dotato di una sapienza positiva che dona all'umanità e si affida a Dio che è amore a conoscenza oltre la morte. Al termine il dottor Mastrosimone ha recitato la “Preghiera dell'infermiere” e ha ringraziato il Vescovo per il suo intervento e tutti coloro che avevano preso parte alla concelebrazione.

Dopo la Messa, il “Movimento per la vita”, con la proiezione di un filmato, a cura della dottoressa Bassi Luciani, è stata illustrata la vita e l'opera del dottor Jerome Lejeune, continuatore degli studi di Down sulla sindrome 21. Dichiarato Venerabile dalla Chiesa cattolica, un titolo che viene concesso alle persone morte in fama di santità, morì il 3 aprile 1994, giorno della Pasqua di Resurrezione, quasi un segno divino. E' stata descritta la sua vita, i suoi studi, l'amore per la famiglia, contornata dalla nascita di cinque figli. Le sue ricerche condotte dopo il dottor Down stabilirono che non si doveva mai parlare di tare razziali ma di una mutazione di ordine quantitativo della trisomia 21. Fu il padre della genetica medica e ottenne il premio per la genetica umana alla memoria. Convinto antiabortista, diceva sempre che la medicina doveva battersi per la salute della vita. Per questo motivo fu sottoposto ad un ostracismo scientifico, con il blocco dei finanziamenti per i suoi studi e la chiusura dei suoi laboratori di ricerca. Nel 1974 Papa Montini lo nominò Membro della Pontificia Accademia delle Scienze, di cui divenne il presidente nel 1994, poco prima della sua morte. Fu dunque un uomo di fede, di speranza e di carità. Il Movimento per la Vita vorrebbe ricordare questa persona straordinaria con qualcosa di concreto e duraturo come l'intitolazione di un complesso ospedaliero o di un ambulatorio in un centro dedicato ai Down, è senz'altro un cammino non semplice e pieno di ostacoli.

guarda le foto della celebrazione scattate da Antonluca Moschetti

https://photos.app.goo.gl/sStW6ZuGSt44ypft9

La Giornata del Malato: la celebrazione nella cappella dell'ospedale
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