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Cremazione: laicità e chiesa….dalla “lotta” alla “comprensione”

Nel 140° anniversario della SO.CREM. Società per la Cremazione di Livorno

Parole chiave: socrem (1), cremazioni (1)
L'intervento di mons. Paolo Razzauti

In occasione delle iniziative per l'anniversario della So.Crem. il vicario episcopale mons. Paolo Razzauti, insieme a docenti di Torino, Roma e Milano è intervenuto sulla pratica della cremazione, facendo un raffronto tra passato e presente su questo argomento nella dottrina della Chiesa cattolica. Pubblichiamo il suo intervento

Cremazione: laicità e chiesa….dalla “lotta” alla “comprensione”

So di affrontare un tema non semplice, ma lo affronto con umiltà, senza condanna per alcuno, sapendo già che ci saranno pareri favorevoli e contrari a quanto dirò. Lo affronto nella speranza che possa essere utile per una riflessione personale, non soltanto per il fine vita ma anche per la vita che ogni giorno affrontiamo. D’altra parte il culto dei morti viene da lontano e trattato, a volte con disprezzo e spesso con rispetto.

 

Introduzione 

Inizio pertanto citando un autore fuori discussione: Ugo Foscolo.

Il poeta Ugo Foscolo, anche se da un punto di vista fortemente laico, nel suo celebre carme de’ I Sepolcri, volle affrontare il tema e l’utilità delle tombe e dei riti dei morti. Le tombe, soprattutto quelle delle donne e degli uomini illustri, per Foscolo avevano l’utilità sociale di suscitare nell’animo delle persone che le vedevano, propositi e desideri virtuosi. Foscolo scrisse questo testo dopo l’editto di Saint-Cloud del 1806 il quale proibiva la sepoltura in città per motivi igienico sanitari e che le tombe fossero tutte uguali senza distinzioni sociali e senza che esse narrassero, per la loro grandezza e per la loro fattura, i prodigi dei defunti.

Riprendendo ancora il carme del Foscolo, in alcuni versi il poeta ricorda che dal giorno in cui nozze, leggi (tribunali) e religione resero civile una società, gli uomini primitivi (umane belve) divennero pietosi verso se stessi e verso gli altri. I viventi sottraevano all’aggressione degli agenti atmosferici (etere maligno) e delle belve (fere) i miseri resti [i corpi dei morti] che la natura con continue metamorfosi (veci eterne) destina ad altre forme ( sensi altri). Foscolo afferma che l’uomo ha iniziato ad essere civile quando incominciò a seppellire i morti.

I cristiani legano la sepoltura dei corpi dei defunti o delle loro ceneri, alla sepoltura di Cristo e con quel gesto ritengono di compiere verso i propri cari un atto di carità e di amore verso di loro.

Altro riferimento che desidero fare è l’epigrafe, che si trova all’ingresso del tempio crematorio di Torino “ Lascia che un rogo purificatore porti a compimento la cremazione del tuo corpo, permettendo così alla natura di completare più rapidamente il suo corso”

Da sempre il processo della lenta ed inesorabile decomposizione della salma è stato caratterizzato da sentimenti i disagio, sconcerto ed anche ribellione; è stato considerato come un’offesa alla dignità dell’uomo oltre che un pericolo dal punto di vista igienico sanitario.

La cremazione è una rivisitazione del rapporto esistente tra corpo, natura, tempo e vita nel quale si delinea una visione più liberante di ciò che dalla materia prescinde, si distingue, viene separato per ritrovare consonanza nella memoria.

 

La cremazione 

I suddetti richiami storici ci introducono pienamente all’interno del nostro argomento ovvero il tema della cremazione e della sepoltura dei nostri defunti.

Da diversi anni si è ormai quasi imposta per diversi motivi, la prassi della cremazione alla quale spesso segue o la conservazione delle ceneri in abitazioni private o la dispersione delle stesse ceneri.

A tale proposito la chiesa, attraverso alcuni documenti  (Istruzione “piam et constantem de cadaverum crematione” del 5 Luglio 1963; il nuovo rito delle esequie del 1968 ed aggiornato nel 2013; l’Istruzione “Ad Resurgendum cum Christo” circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione del 15 Agosto 2016), ha fatto chiarezza in merito.

Certamente la chiesa non rifiuta le esequie a coloro che per vari motivi scelgono di farsi cremare dopo la loro morte, non perché essa abbia cambiato idea in proposito, bensì perché normalmente i fedeli oggi non scelgono tale pratica in odio alla fede cristiana nella  risurrezione della carne. Nel passato avveniva, infatti, che alcune persone sceglievano di farsi cremare in opposizione alla chiesa e al suo credo.

Nel n. 4 della sopracitata istruzione( “piam et constantem”) si afferma che: “la chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso defunti; tuttavia la cremazione non è vietata a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”.

Riguardo alla scelta della cremazione come noto, si adducono ragioni di tipo igienico, economico e sociale. La ragione per cui la predilezione della chiesa rimane per l’inumazione è perché considerata più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale. La preoccupazione maggiore che trapela dai documenti è quella di non smarrire la fede nella risurrezione nella carne.

Il motivo per la quale, tuttavia, la cremazione non è ritenuta in contrasto con la fede è il fatto che essa “non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo”; “non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi”.

Anche nella liturgia, nel primo giorno di quaresima (mercoledì delle ceneri,) il rito dell’imposizione delle ceneri sulla testa viene accompagnato con le parole “Ricordati che cenere eri e cenere tornerai”, d’altra parte anche con la sepoltura, dopo alcuni anni, del corpo della persona restano qualche ossa e un po’ di cenere.

 

Tumulazione, conservazione 

La conservazione delle ceneri in un cimitero suscita nei fedeli il loro ricordo e la preghiera, inoltre, parafrasando il Foscolo, i defunti divengono oggetto di memoria, infine, nella tumulazione delle ceneri si evita il pericolo che, passata la prima generazione, si cada nella dimenticanza o nella mancanza di rispetto. La dispersione delle ceneri e la conservazione in luoghi non cimiteriali sono, quindi, di per sé proibite.

Per questo qualora il fedele scegliesse per motivi validi la cremazione quale di tipo igienico, economico o sociale, le ceneri non debbono essere, se non in casi eccezionali,

conservate in un’abitazione privata o disperse, bensì ,conservate o disperse, in un luogo come un cimitero.( Interessante a questo proposito il “giardino” costruito dalla SO.CREM di Livorno nel cimitero comunale ed il giardino dei ricordi al cimitero della Purificazione).

Ora, l’inciso più interessante per il nostro tema mi pare proprio l’argomento della memoria che si pone come via media e condivisa tra la sepoltura e la cremazione, ossia che in ogni caso quel corpo ( che di fatto non sarà più quella persona, ma che è appartenuta alla persona) o comunque ciò a cui le ceneri simbolicamente rimandano, sono testimonianza di una storia, di una vita vissuta, che non può essere dimenticata.

Suggestiva la frase con cui si vuol precisare che la sepoltura del corpo metta “in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia”. Tale inciso, a mio giudizio, può essere riferito per analogia anche alla cremazione, per la quale le indicazioni fornite per la conservazione paiono proprio orientarsi in questo senso: corpo, memoria, storia.

Il fatto che non siano, salvo particolari eccezioni conservate in casa è anch’esso il segno che la memoria non debba essere privata, perché l’evento della morte coinvolge tutta la comunità e la società, che hanno diritto di fare memoria in luoghi loro accessibili.

Abbiamo estremo bisogno di fare memoria in modo degno e rispettoso non solo dei defunti, ma forse anche e soprattutto per i vivi ricordino sempre il valore della vita umana.

 

Conclusione 

Sulle questioni sopra affrontate spesso c’è stata lotta e scomunica vicendevole tra chiesa e laicità, soprattutto nel periodo nel quale la cremazione veniva usata in contrasto con la fede cristiana.

 Ritengo che il rispetto delle ”diversità” ci debba essere sempre e dovunque sia nel pensiero che nel confronto e non soltanto nel “genere,”.

L’importante sarebbe essere capaci di vivere con maggiore dignità l’identità di ciascuno perché ciascuno di noi è unico ed irripetibile, ciascuno di noi deve essere rispettato per ciò che è e non per quello che vorremmo fosse, ciascuno di noi ha il diritto di avere un luogo, dove, anche dopo anni, possa essere ricordato all’umanità. Disperdere la memoria è disperdere la storia o meglio, è non fare storia.

In questo percorso si innesta la storia livornese, ben descritta da Catia Sonetti nel suo libro “ Una morte irriverente”. Una storia fatta di battaglie ed incontri , con emblematica la storia dei facchini del porto, dissacranti di tutto ed attenti a determinate devozioni come “la Madonna di Montenero” .  Altro punto interessante , per specificare questo rapporto, sono alcune epigrafi dove, sullo stesso marmo, si trova la croce e la falce e martello.

Una storia quella livornese che, pur nelle diversità, ha sempre saputo unire il “sacro ed il profano” in un duello ed in un incontro.

Anche riguardo all’attenzione verso la “cremazione” non possiamo dimenticare il saper “vedere oltre” di due personaggi come Mons. Ablondi e don Carlo Leoni, due precursori di questo cammino che tutt’oggi continua in una visione di rispetto reciproco.

Ho cercato di seguire la storia scritta e le indicazioni di alcune “Istruzioni” ecclesiastiche. Spero di aver aiutato ciascuno di noi a riflettere che le contrapposizioni per pregiudizi, i contrasti, le “guerre”, non portano alla serenità ed alla pace dei cuori e delle menti, ma alla disgregazione, alla distruzione dei valori.

Ho parlato di “memoria”…ed allora facciamo memoria di tanti che ci hanno preceduto, lottando e dando la vita, per non disperdere la loro eredità ma per costruire un mondo più giusto, dove ogni persona possa vivere con dignità la propria vita.

L'intervento di mons. Paolo Razzauti
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