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Ricordando don Francesco

Sant'Agostino era quindi una comunità di credenti, aperta al gioco, all'amicizia, alla preghiera

Parole chiave: don francesco fiordaliso (6)
Il racconto di chi lo ha conosciuto ragazzo

Nell'apprendere la notizia della morte di Don Francesco Fiordaliso ho compreso il dolore, il dispiacere, il compianto dei miei figli che avevano condiviso con lui l'assiduità alla parrocchia di Sant'Agostino. Sant'Agostino che aveva come parroco Don Betti e come vice Don Paolo Razzauti. Una parrocchia particolare perché lì si erano formati ed erano divenuti sacerdoti: Don Luciano Cantini nel 1973, Don Raffaello Schiavone nel 1983, Don Andrea Brutto nel 1985 e lo stesso Don Francesco nel 1992, di cui pochi mesi fa era ricorso il 30° anniversario. Mi sono sempre chiesto se fosse stato un caso che da quella parrocchia fossero usciti tanti sacerdoti o se fosse stata la benevolenza del Signore verso una comunità orante!

Sant'Agostino era quindi una comunità di credenti, aperta al gioco, all'amicizia, alla preghiera. Don Betti, con cadenza mensile, pubblicava il giornalino parrocchiale “Noi insieme” in cui scrivevano soprattutto i ragazzi dell'oratorio e del “campino”.

Ricordo un articolo, molto spassoso, pubblicato da Francesco, che come me, era costretto, ogni mattina, a prendere l'autobus, io per andare al lavoro, lui per andare a scuola, davanti alla fermata del bar. Fece una descrizione dei ritardi, degli inconvenienti, dei continui disagi, che gli utenti erano costretti a subire ogni mattina, un articolo tra il serio e il faceto, con lo stile del “ridendo castigat mores”, cosa che ha fatto poi spesso durante la sua missione sacerdotale.

La presenza delle persone alle sue esequie è stata numericamente incredibile, coloro che avevano partecipato alla celebrazione per Santa Giulia erano state molto meno. La messa, presieduta dal Vescovo Simone, accompagnato da uno stuolo di sacerdoti e diaconi; l'omelia di Don Piergiorgio Paolini, il sacerdote che lo aveva accolto nel Seminario e che ha condotto una riflessione sulla sua personalità inserita in un contesto teologico. Aveva voluto che i funerali si svolgessero in Cattedrale perché “incontrare la Chiesa e Gesù è stata la cosa più bella della sua vita”.

Nelle preghiere dei fedeli, i rappresentanti delle tante realtà a cui Don Francesco aveva prestato la sua opera, sia a Livorno che a Castiglioncello, hanno espresso il loro ricordo: “testimone autentico dei valori”, “ti ringraziamo Signore per le sue parole”, “un cuore che ci ha insegnato ad amare Gesù”, “era scherzoso e gioviale ma allo stesso tempo fermo nei principi”, “l'amore per Gesù si è manifestato anche nelle tue scelte difficili”, “ti ringraziamo per la sua presenza indelebile e profonda”, “ti ringraziamo per tutto il tempo che ce lo hai donato”.

Al termine della celebrazione ci sono state anche le testimonianze dal carcere. Il Cappellano delegato regionale degli Istituti di pena ha espresso “un pensiero di gratitudine a Dio per Don Francesco”, che riteneva “il luogo del carcere come terra di speranza”. Anche i detenuti della Casa Circondariale di Livorno hanno detto: “ti ricordiamo per il tuo viso sorridente e luminoso”. Dopo la benedizione della salma da parte del Vescovo, il feretro è stato fatto uscire dalla Cattedrale accompagnato da un fragoroso applauso, mai interrotto, fino al sagrato della Chiesa.

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