“Non conformatevi alla mentalità di questo Mondo”
Don Guido Colombo alla parrocchia di Crocetta

Don Guido Colombo, Direttore Nazionale dei Cooperatori Paolini, ha tenuto un incontro di preparazione alla Santa Pasqua nella Parrocchia di San Ferdinando.
Il tema della riflessione ha preso spunto dall’espressione dell’Apostolo Paolo ai Romani (12, 2) “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovandovi nella vostra mente, rinnovando il vostro modo di pensare, per discernere la volontà di Dio”. Questa espressione contenuta in Rm 12,1-21, possiamo considerarla l’apice teologica di Paolo che ci presenta il nucleo essenziale della vita cristiana e che il beato Don Giacomo Alberione, spesso citava nei suoi discorsi alla Famiglia paolina.
Siamo nella seconda parte della Lettera dove l’Apostolo esorta i cristiani di Roma e invita tutti “Per la misericordia di Dio ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”, perché vuole che ogni cristiano, offra a Dio la sua intera esistenza, il suo pensare, agire come “sacrificio” al Signore. Non abbiamo più un culto circoscritto ad uno spazio sacro o in un tempio sacro, ma un culto quotidiano sempre in atto, un vero riconoscimento di Dio, una adorazione da attuarsi nella vita umana: non più vittime sacrificate a Dio, ma la propria esistenza offerta a Lui. In questa offerta Paolo allude anche ad un’attività “spirituale”, ossia compiuta nello Spirito. Trae illuminazione dall’affermazione rivolta da Gesù alla donna samaritana nel quarto Vangelo: “Credimi donna è giunta l’ora in cui né in questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre, …. ma è giunta l’ora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità, ovvero nello Spirito santo e in Gesù che è il Logos e la Verità. Il culto cristiano come sacrificio del proprio corpo si attua nel vivere, nel rapportarsi con gli altri, nel realizzare la volontà di Dio nella compagnia degli uomini, nella storia, nella polis di cui i cristiani sono abitanti, residenti. Per far si che questo culto secondo la Parola si possa attuare, Paolo invita a non conformarsi alla mentalità di questo mondo, ossia a rompere con il conformismo dominante riattualizzando le parole di Gesù: “Nel mondo si fa così, ma non così tra voi” (Mc10,42-43). Il non conformismo cristiano non è un semplice e acritico “no” nei confronti del mondo in cui viviamo; non può significare non ascolto e lontananza dalla fatica degli uomini non cristiani; non potrà mai nutrirsi di condanna e disprezzo di quelli che, anche fuori dalla Chiesa restano sempre uomini segnati dall’immagine di Dio che portano in sé. Vero compito cristiano è la lotta anti-idolatrica, non la lotta contro gli altri uomini e donne, è il discernimento degli idoli, per sottrarsi alla loro tirannia e indicare agli uomini cammini di libertà. Questa è un’operazione profetica, perché dovuta al discernimento, dono per eccellenza fatto dallo Spirito alla comunità cristiana e profeta non è colui che fa cose straordinarie o compie miracoli e indovina il futuro, ma è una persona che sa discernere il suo tempo e agli uomini del suo tempo sa comunicare la Parola di Dio.
Da questo invito di Paolo a noi che ci stiamo preparando a vivere la Pasqua dobbiamo cogliere almeno tre opzioni sulle quali discernere e realizzare. La prima è il «comandamento nuovo», cioè ultimo e definitivo, lasciatoci da Gesù «Amatevi come io vi ho amato», amatevi fino a spendere la vita per gli altri, fino a donarla per i fratelli. Il cristiano non deve amare solo il prossimo, ma tutti quelli che incontra, e tra di essi privilegi gli ultimi, i sofferenti, i bisognosi. Nell’osservare questo comandamento il cristiano non può non pensare alla forma politica da dare all’uguaglianza, alla solidarietà, alla giustizia sociale. Se non ci fosse un’epifania anche politica dell’amore per l’ultimo, dell’attenzione al bisognoso, mancherebbe alla polis qualcosa di decisivo nei rapporti sociali e sarebbe evasa una grave responsabilità cristiana. Gesù ha ammonito che il giudizio per la vita o per la morte avverrà proprio sul rapporto avuto nella vita e nella storia, qui e ora, con l’uomo nel bisogno, affamato, assetato, straniero, nudo, malato, prigioniero
La seconda opzione è il compito di indicare l’uomo e la sua dignità come criterio primo ed essenziale all’umanizzazione, a un cammino di autentica pienezza di vita. Questo richiede che noi cristiani sappiamo innanzitutto dare una testimonianza con la nostra vita, ma sappiamo anche rendere eloquenti le nostre convinzioni sulle esigenze di rispetto, salvaguardia, difesa della vita umana. Di fronte alla guerra e alla violenza, che nonostante le tragiche esperienze alle nostre spalle continua ad attirare i poteri politici e gli esseri umani, noi cristiani dobbiamo saper manifestare la nostra contrarietà e la nostra condanna, facendoci operatori di pace, di giustizia e di riconciliazione.
E infine la «differenza cristiana» non deve mai prescindere dallo stile di comunicazione e di prassi: anche questa è un’istanza fondamentale, perché lo stile è tanto importante quanto il contenuto del messaggio, soprattutto per noi cristiani. Infatti lo stile con cui il cristiano sta nella compagnia degli uomini è determinante: da esso dipende la fede stessa, perché non si può annunciare un Gesù che racconta Dio nella mitezza, nell’umiltà, nella misericordia, e farlo con stile arrogante, con toni forti o addirittura con atteggiamenti che appartengono alla militanza mondana! E proprio per salvaguardare lo stile cristiano occorre resistere alla tentazione di contarsi, di farsi contare o di mostrare i muscoli; la fede non è questione di numeri ma di convinzione profonda e di grandezza d’animo, di capacità di non avere paura dell’altro, del diverso, ma di saperlo ascoltare con dolcezza, discernimento e rispetto. Dallo stile dei cristiani nel mondo dipende l’ascolto del Vangelo come buona o cattiva comunicazione, e quindi buona o cattiva notizia. È così che possiamo vivere il nostro “culto secondo il Lógos”, quel culto santo e gradito a Dio che ciascuno di noi è chiamato a compiere qui e ora, offrendo al Signore la propria esistenza, nella compagnia degli uomini.
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