Una Chiesa di preghiera e servizio amoroso

Breve riflessione in attesa del nuovo Papa

Queste mie riflessioni  ve le offro  più come un contributo per pensare e eventualmente per riflettere sulla nostra vita cristiana. La Chiesa ha bisogno di un nuovo Papa ma anche della conversione di noi tutti, Popolo di Dio.. Vorrei arrivare  a chi mi leggerà un po’ prima che eleggano il nuovo Papa. La fretta pero non sempre aiuta e non ho molto tempo per argomentare troppo e fare sottili distinzioni.  

PRIMA DEL CONCILIO  (SEC. XX)..
Parto dalla mia esperienza di nato dopo la guerra, cresciuto in tempo di “guerra fredda” in un’Italia alla Peppone e Don Camillo di cui, confesso, ho tanta nostalgia. Grandi papi, grandi preti, grandi politici e tanta brava gente umile, laboriosa, paziente (a volte troppo) ma sostanzialmente serena..Un popolo di fede. Non esisteva ancora l’emergenza salute mentale per giovani e meno giovani.

Era un popolo con due anime, ma con un solo cuore.  C’erano i cosiddetti intellettuali di partito e i cosiddetti pensatori di sinistra, alcuni anche  un po’ “cattivi maestri” che a modo loro con l’aiuto dei “pepponiani” e contro i “don camilliani” formavano due gruppi che si sfidavano ma non guerreggiavano, comunisti e democristiani con i loro reciproci fratelli e cugini.

Arriva all’inizio degli anni sessanta il Concilio Vaticano II in un clima che già in parte si era comunque addolcito. Stavamo diventando tutti un po’ ricchi e più che addolcire il benessere porta il menefreghismo che sfocerà nell’egoismo dei nostri tempi.
E’ comunque il tempo dei grandi dialoghi tra marxisti e cattolici con grandi nomi e grandi persone. Era il tempo del disgelo mentale dell’Italia che non liquidava tutto con lo slogan “religione oppio del popolo” o con la eterna discussione ”Dio o il caso”.  

In quel clima nella Chiesa appaiono  personaggi importanti: Giovanni XXIII e Paolo VI con delle encicliche stupende sulla pace, sul mondo del lavoro, sulle grandi sfide della giustizia sociale, fulcro anche del Vangelo, ma che per ragioni storiche e per tante nostre colpe ci eravamo fatti sottrarre e poi appropriare da altri, partiti e movimenti.

In questo nuovo clima si inserisce il Concilio Vaticano II che entusiasma tutti e crea grandi attese. Io ero a Roma studente all’Università Gregoriana e alunno del Collegio Latino Americano a continuo contatto con tanti vescovi latino americani, di grande valore che abitavano presso di noi.

IL DOPO CONCILIO. Le grandi attese e le più o meno reali delusioni

Arriva il dopo Concilio, quello che consiste nel’ “l’accettazione del concilio da parte della Chiesa, ossia del Popolo di Dio”.  Alzi la mano chi non ha sentito nelle prediche per anni la frase “come dice il Concilio..” Ora si sono tutti un po’ calmati. Il prossimo Conclave ci potrebbe aiutare a domandarci un po’ seriamente “che abbiamo fatto finora del Concilio”.
Lasciamo da parte la triste vicenda di chi già prima o dopo ha di fatto rifiutato il Concilio. Chiedo scusa se rischio di apparire presuntuoso e poco generoso nel giudizio ma per molti di loro penso quello che ha detto Papa Francesco: “più che problemi  teologici  hanno problemi psicologici”. Ma questo vale anche per i delusi progressisti:  vescovi, preti e laici che hanno deciso di continuare il concilio per conto proprio e a modo loro  interpretando e colmandone i vuoti, ovviamente secondo loro. Si è formato così un insieme di isolette quasi scismatiche in  un doloroso crescendo. A quel tempo si diceva che a differenza dei protestanti, fratelli separati non ancora uniti, essi di fatto erano fratelli uniti non ancora separati. Erano disseminati e lo sono ancora tra preti laici e vescovi in varie parrocchie e diocesi, creando divisione e sofferenza. Io aggiungo anche “rompendo le scatole”.. Una lunga e poco rilassante doccia scozzese, un tira e molla logorante.

La stragrande maggioranza dei vescovi, preti e fedeli che chiamerò “normali”, solo per capirci, ha cercato di fare un primo grande passo anche con ricadute di tipo  politico nel senso bello e pieno della parola. Al di là degli altari rivolti al popolo, delle chitarre e cimbali squillanti,  delle danze sacre, dei preti vestiti in modo pittoresco, in una amplia gamma che va da Pitti Prete a scaricatori del porto, come disse una volta il Vescovo Coletti, ci siamo riappropriati non solo a parole, si spera, di alcuni valori propri del Vangelo: la giustizia, i poveri, il servizio all’uomo, anche se purtroppo non sempre accompagnati da uno stile di vita coerente, non abbiamo infatti ancora ben capito il valore di testimonianza dello stile di vita personale e sociale della povertà evangelica.

Uso una espressione forse un po’ troppo mondana che spero vorrete comprendere:  la Chiesa è stata percepita quasi simpatica, meno lontana, interessante, collaboratrice della buona politica e dei buoni governi fin dove possibile, insomma, in tanti casi una buona compagna di “lotta”.
In America Latina l’inizio di questo processo avvenne nel 1968 con la riunione di tutti i vescovi a Medellin con la sincera scelta dei poveri.

La Chiesa è sempre stata vicino al popolo in quanto  MAESTRA ed è stata anche MADRE. La carità non l’abbiamo inventata ora! Forse è stata percepita storicamente come una MADRE SEVERA e anche a volte un po’ tirannica.  L’unico rischio oggi, e lo vediamo ancora ora in tanti chierici di alto o basso rango, è quello di diventare, come si dice a Livorno, una madre un po’ “lasciva” ossia troppo timorosa con analisi un po’ troppo sociologiche e non sempre teologiche. Un po’ come tante madri moderne. A volte mi chiedo: vogliamo avvicinare gli uomini nostri fratelli alla fede o inventiamo di tutto per paura che le chiese si svuotano? Non è la stessa cosa.

Un altro dubbio che ho sempre avuto guardando papi, vescovi, preti e frati e tanti laici conosciuti a partire dagli anni settanta: molti sono stati certamente uomini di grande fede e zelo, aperti al dialogo e all’incontro anche amichevole mostrando così la dimensione umana e fragile delle loro persone e della Chiesa, ma il risultato almeno macroscopico è di una Chiesa attraente circoscritta e legata  in gran parte alle loro persone. Questo l’ho riflettuto in occasione del funerale di qualche Papa, vescovo o sacerdote. Tanta partecipazione e tanta commozione per la loro perdita, cosa buona che farebbe piacere anche a me quando sarà il momento, ma non sempre accompagnati da una commozione altrettanto profonda pensando a quanti fra tutti costoro  hanno perduto il loro Signore nel tempo o rischiano ogni giorno di perdere la vicinanza al Signore e alla grande fede trasmessa dai nostri padri.
Si è un po’ ripetuto e si ripete quello che Paolo rimproverava ai Corinzi, 3, 4 – 6: 4Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? 5Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. 6Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.

Dal punto di vista pastorale bisogna che le dimensione di maestra e di madre tornino a trovare un sano, forte e doveroso equilibrio fino a formare tra loro una unità profonda, un unico comandamento come dice il Signore: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Questo credo che dovrà fare il nuovo Papa. Non mollare la seconda parte dell’unico comandamento, il prossimo come te stesso, ma fare riscoprire il primato di Cristo e di Dio e il senso sacro della fede. Tutto qui? Non è mai stato facile, ma in questo momento il clima anche nella Chiesa non è sempre favorevole a partire soprattutto dal suo interno, sia da quelli che sono rimasti rinchiusi nella antica corte papale, sia da quelli che credono che il servizio ai poveri  di risorse, di cervello e di cuore sia la priorità della chiesa, siano essi preti frati, suore, laici, volontari vari e boy scout.
Non dimentichiamo la frase del Signore per l’olio profumato che secondo gli indignati poteva essere venduto per sostenere i poveri : “Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso; mentre egli era a tavola entrò una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore; rotto l’alabastro, gli versò l’olio sul capo. 4 Alcuni, indignatisi, dicevano tra di loro: «Perché si è fatto questo spreco d’olio? 5 Si poteva vendere quest’olio per più di trecento denari, e darli ai poveri». Ed erano irritati contro di lei. 6 Ma Gesù disse: «Lasciatela stare! Perché le date noia? Ha fatto un’azione buona verso di me. 7 Poiché i poveri li avete sempre con voi; quando volete, potete far loro del bene; ma me non mi avete per sempre. 

 Un’ultima provocazione: ai tempi del Concilio avevo vent’anni. Ho visto sorgere gruppi di preghiera, movimenti e raggruppamenti ecclesiale di diverso odore, colore e sapore. Certamente una ricchezza, ma avendo fatto di professione anche l’insegnante di storia qualche volta mi sono anche un po’ chiesto: ma tutte queste varie forme di vita ecclesiale quante avevano al centro il Signore  e quante erano e sono  invece “salotti spirituali”?  Sono certamente una grazia per la Chiesa, non c’è dubbio, ma io consiglierei UMILMENTE di ricordare ogni tanto, IO PER PRIMO, le parole del Signore : 5Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 6Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.

E poi ci vuole una Chiesa che sappia anche sorridere. Quando era in terra non sempre Gesù l’ha potuto fare, ma ora che è risorto sono certo che sorride sempre, se non altro per la nostra stupidità.

Ognuno di noi ha preso un pezzo di Concilio e ha fatto il possibile per viverlo. Parafrasando Papa Francesco, non nel contesto della guerra ma in questo caso applicandolo al Concilio possiamo dire che il Concilio lo abbiamo realizzato “a pezzi”. E non credo si potesse fare di più.  Purtroppo spesso lo abbiamo fatto diventare il nostro orto e molti lo hanno recintato.. Spesso ne abbiamo fatto delle piccole fortezze reali e mentali con rivendicazioni a volte al limite dell’adolescenziale.
Spero e chiedo allo Spirito Santo che il nuovo Papa sappia dare unità, calore e colore  a questo grande immenso e meraviglioso campo abbattendo i recinti  e armonizzando nell’unità del Vangelo i vari orti e orticelli quasi a formare una celestiale pittura, una meravigliosa  immensa distesa.  
Lo Spirito Santo lo sa fare.