Preghiera per i Cardinali nel tempo del Conclave

Verso l'elezione del nuovo pontefice

Invochiamo oggi lo Spirito Santo su tutta la Chiesa, e in particolare sui Padri Cardinali che, riuniti in Conclave, hanno ricevuto l’altissima responsabilità di discernere il nuovo successore di Pietro.

Essi non portano solo voti e opinioni. Portano nel cuore la loro terra, la loro cultura, i loro studi, la loro visione di Chiesa, segnata dalla storia personale di ciascuno. Ma ciò che il Conclave ha sempre saputo testimoniare, attraverso i secoli, è qualcosa di più grande dell’individuo: la capacità del Collegio cardinalizio di ascoltare la voce dello Spirito al di là delle preferenze, di cercare non la sintesi dei singoli, ma l’unità della Chiesa universale.

L’Uno e i molti. Il miracolo del Conclave è questo: che tanti uomini, così diversi, riescano a convergere su uno solo, scelto non perché rappresenti una corrente o una fazione, ma perché, nel silenzio della Cappella Sistina, risuona in lui la Parola necessaria per oggi. E lì, dove i corpi degli affreschi michelangioleschi si stringono e si sollevano, dove Adamo tocca il dito di Dio, e il Giudizio Universale domina lo sguardo, i cardinali si trovano immersi nella storia della salvezza, che è anche la storia delle loro vite.

La Cappella Sistina è più di un’aula: è un’icona ecclesiale. È la carne della Chiesa che si fa visibile. Ogni volto, ogni gesto, ogni profeta o angelo racconta una porzione del mistero. Nella volta, la Creazione, la caduta, il diluvio: la libertà e la fragilità dell’uomo. Nella parete d’altare, il Giudizio: Cristo al centro, non come giudice distante, ma come luce che attira. I corpi si stringono, si sollevano, si cercano. Non c’è isolamento: i salvati sono coloro che si abbracciano, che si portano, che si aiutano. Come a dire: la salvezza è sempre comunione.

I santi raccolgono gli strumenti della Passione – la croce, i chiodi, la lancia – non per accusare, ma per ricordare: tutto è stato redento. Tutto può essere trasformato. Tutto è grazia, se accolto nella luce del Risorto.

Ed è lì, davanti a questa visione, che i cardinali votano. Non votano su un programma, ma davanti a una storia, la storia di Dio con l’uomo. E anche la loro piccola storia personale – con i suoi successi, le sue ferite, i suoi sogni – si fonde in quella grande narrazione. È la storia che vota, non solo l’opinione. È la Chiesa tutta che sceglie, attraverso le loro mani.

Il prossimo Papa dovrà parlare a un’umanità che non sa più distinguere l’intimità dalla visibilità, la verità dalla viralità, la libertà dall’emozione. Dopo la modernità liquida (Bauman), oggi si parla di società gassosa (Lipovetsky), o di società ipnocratica (Byung-Chul Han): dove la realtà è evanescente, e il potere passa attraverso l’attenzione più che attraverso la verità. L’uomo moderno è sovraesposto e smarrito, desideroso di abbracci che non sa più offrire.

Ecco perché il nuovo Pietro dovrà essere un uomo di comunione, un uomo capace di abbracciare i corpi dispersi, di raccogliere le membra della Chiesa e del mondo, e di dire: “Tu sei ancora amato. Tu sei ancora chiamato.” Non sarà un Papa che ripete il passato, ma che vive la continuità senza ripetibilità: ogni Papa è unico, ma tutti sono nella linea del Cristo.

La Cappella Sistina ci ricorda che la bellezza salva, che la carne può risorgere, che la comunione è il segno più credibile del Vangelo. I cardinali lo sanno. E sanno anche che tra loro già c’è il successore di Pietro: nascosto, forse indeciso, forse tremante. Ma pronto, perché scelto non dagli uomini, ma da Dio.

Per questo, oggi, preghiamo. Non per un Papa “come ci piace”, ma per un Pastore secondo il cuore di Dio, che sappia raccogliere i frammenti, parlare alla carne ferita del mondo, abbracciare il corpo ecclesiale, e lasciare che sia lo Spirito a guidarlo.

Che Maria, Madre della Chiesa, vegli su questo Conclave. Che lo Spirito Santo risplenda ancora, come fuoco e silenzio, nella Cappella Sistina. E che il nuovo Pietro emerga come servo della comunione, uomo di Dio per il nostro tempo.