Il commento
Piccoli segnali di ripresa nei salari ma ancora molto il lavoro da fare
Nel periodo gennaio-marzo 2025 è cresciuta del 3,9%

Nelle settimane scorse è stato pubblicato l’annuale rapporto mondiale sui salari che descrive le tendenze dei salari e delle disuguaglianze salariali in Italia e nel mondo
Dallo studio emerge come, dall’analisi delle tendenze salariali in un arco temporale di ben 17 anni, l’Italia abbia subito le perdite maggiori in termini assoluti di potere d’acquisto dei salari a partire dal 2008. Andando più nel dettaglio si evidenzia che, tra i paesi a economia avanzata del G20, le perdite di salario reale sono state dell’8,7 per cento in Italia, del 6,3 per cento in Giappone, del 4,5 per cento in Spagna e del 2,5 per cento nel Regno Unito
In Italia, la perdita è stata particolarmente significativa a seguito della crisi finanziaria mondiale del periodo tra il 2009 ed il 2012. Per contro, nello stesso periodo, la Corea del Sud si distingue per aver registrato un significativo aumento salariale complessivo del 20 per cento tra il 2008 e il 2024.
Gli stessi dati evidenziano, inoltre, come la recente crisi del costo della vita abbia avuto un impatto negativo su tutti i paesi a economia avanzata del G20, con un effetto, ahimè, particolarmente severo in Italia nel “biennio” 2022 e 2023. A partire dal 2024, la ripresa dei salari reali ha, altresì, interessato il nostro come anche altri paesi, eccetto gli Stati Uniti e la Corea del Sud.
In questo contesto deve leggersi, quindi, il periodico report dell’Istat sulle retribuzioni in Italia pubblicato solo pochi giorni fa.
In questo quadro si registra che la retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2025 è cresciuta del 3,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
L’indice delle retribuzioni contrattuali orarie a marzo 2025 segna un aumento dello 0,4% rispetto al mese precedente e del 4,0% rispetto a marzo 2024, l’aumento tendenziale è stato del 4,9% per i dipendenti dell’industria, del 4,3% per quelli dei servizi privati e dell’1,7% per i lavoratori della pubblica amministrazione.
I settori che presentano gli aumenti tendenziali più elevati sono: alimentari (+7,8%), settore metalmeccanico (+6,3%) e commercio (+6,1%).
L’incremento è invece nullo per farmacie private, telecomunicazioni, regioni e autonomie locali e servizio sanitario nazionale.
Potremmo, insomma, dire che, negli ultimi anni, si mostrano piccoli segnali di ripresa delle dinamiche salariali e, si auspica, del potere d’acquisto dei lavoratori italiani.
La speranza, tuttavia, è che questo fenomeno non sia la tipica rondine che non fa primavera ma diventi, altresì, un elemento strutturale e duraturo.
Il problema, infatti, come ci raccontano anche gli stessi dati statistici non è qualcosa di nuovo nel nostro sistema economico ma viene, altresì, da lontano. L’auspicio è che su questo si lavori con provvedimenti pensati non solo per l’oggi ma che si programmi, per quanto possibile, il futuro all’interno di un complessivo piano per il Paese del 2050 che veda, nel rispetto dei ruoli, il massimo coinvolgimento politico e sociale.