“Ognuno è ciò che cerca”

Un ricordo di monsignor Ablondi a quindici anni dalla sua scomparsa

Il 21 agosto di 15 anni fa ci lasciava monsignor Ablondi, il ricordo delle sue parole e della sua opera

“Che cosa cercate ?” è questa la grande domanda esistenziale con la quale il Vescovo Ablondi avviò un ricco dialogo con i giovani livornesi all’inizio degli anni novanta del secolo scorso. Mi piace partire da questo suo stile di dialogo per ricordare monsignor Alberto Ablondi a quindici anni dalla sua scomparsa.

All’età di settant’anni, da quasi trenta Vescovo della diocesi di Livorno, monsignor Ablondi ebbe il coraggio pastorale di andare a cercare i giovani della città, non solo quelli abituati a frequentare le chiese per porre loro questa domanda. Ne derivò un bel dialogo che costituì la base della bella riflessione del Sinodo diocesano con e per i giovani.

Questa sua intraprendenza pastorale di avvicinare chi era lontano, anche come esperienza di vita, ha rappresentato una caratteristica significativa del suo ministero di Vescovo. Resta impressa nella mente l’immagine di questo Vescovo, non più giovane, che, di sera, si presenta in mezzo alla folla di giovani livornesi che faceva le vasche tra piazza Attias e Via Ricasoli (in un’epoca in cui non avevano ancora in mano il telefonino) e consegna questa breve lettera a loro indirizzata chiedendo di fare due passi insieme. La risposta positiva non era così scontata, anzi. Ma l’entusiasmo e la schiettezza, molto livornese, con cui veniva presentata conquistò tanti giovani di quegli anni. Ne scaturì un dialogo intenso le cui parti fondamentali furono poi raccolte nel libro “No, una predica no!”.

Non è certamente l’opera più significativa del lungo ministero pastorale di monsignor Ablondi, ma può essere considerata l’icona del suo modo di intendere la missione della Chiesa.

Il dialogo con i giovani si fondò sull’ascoltare in modo sincero quello che cercavano nella loro vita basando il tutto sulla convinzione che, in fondo, “ognuno è ciò che cerca”.

E nel dialogo con i giovani emerge anche l’idea di Chiesa che aveva il Vescovo Ablondi, non come “un’altezzosa possidente di Dio, ma come una realtà composta da insaziabili ricercatori di Dio e, in esso, ricercatori anche di tanti fratelli”.

Tra le tante risposte ricevute dal Vescovo mi piace ricordarne una che mi sembra particolarmente attuale a oltre trent’anni di distanza. Quella di una diciottenne che scrisse: “Vorrei una Chiesa che infonda speranza. Una Chiesa girasole che, prendendo la luce dall’alto, gira la testa verso coloro che non hanno il coraggio di avvicinarsi; e lo facesse cantando”.

Un’immagine che colpì profondamente monsignor Ablondi e nella quale, forse, rivedeva il modo con il quale avrebbe desiderato essere Vescovo per la sua Chiesa.