Il rapporto del CNEL

Il dato più preoccupante è quello degli inattivi

Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (il CNEL) è un organo di rilievo costituzionale previsto dall’art. 99 della Costituzione della Repubblica Italiana con funzione consultiva rispetto al Governo, alle Camere e alle Regioni.

Nel dettaglio ha potere di iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale.
Per molti anni è stato considerato, da più parti, l’esempio più classico di ente ”inutile”, un “carrozzone” di cui erano poco chiare le attività svolte ed il concreto ruolo. Negli ultimi anni grazie, in particolare, alle presidenze degli ex ministri Treu e Brunetta si sta, più chiaramente, ritagliando uno spazio nel dibattito pubblico.

In questo quadro è stato pubblicato nei giorni scorsi il secondo Bollettino CNEL sul Mercato del Lavoro frutto della collaborazione tra CNEL e ISTAT, finalizzata a migliorare la diffusione delle statistiche pubbliche.

Emerge così che, nel primo trimestre del 2025, il numero degli occupati tra i 15 e i 64 anni ha raggiunto 24 milioni e 76 mila unità, segnando un incremento di oltre 400 mila lavoratori rispetto allo stesso periodo del 2024. Il tasso di occupazione ha raggiunto così il 62,5% (+0,9 punti rispetto al primo trimestre 2024),
Analizzando i dati per genere, si osserva, in particolare, un aumento dell’occupazione sia tra le donne che tra gli uomini, sebbene con lievi differenze percentuali. Le donne occupate
ammontano a 10 milioni e 249 mila (+207 mila unità), mentre gli uomini raggiungono 13
milioni e 827 mila (+225 mila unità).

Nei primi tre mesi del 2025, risultano, quindi, in cerca di lavoro 1 milione 758 mila persone; nel 2024 erano 217 mila in più. Il tasso di disoccupazione (ottenuto come rapporto tra il numero di disoccupati e la forza lavoro composta da occupati + disoccupati), in età 15-74 anni) è pari a 6,8%, in diminuzione di 0,9 punti rispetto allo stesso periodo del 2024.

Il dato, in questa prospettiva, più preoccupante, è l’immobilismo nella condizione di inattività cioè di quelle persone che pur non lavorando non si attivano neanche per la ricerca di un’occupazione. Nell’arco degli ultimi 12 mesi, è rimasto in questo “gruppo” la quasi totalità delle donne (89,6%) e degli uomini (85,4%).
Un dato che sembra riflettere una certa difficoltà, soprattutto per le donne, a inserirsi/reinserisi nel mercato del lavoro.

A distanza di un anno, ad esempio, sul totale delle donne inattive, solo il 5,5% è transitato verso la disoccupazione, mentre un modesto 4,9% tra il primo trimestre 2024 e il primo trimestre 2025 è riuscito a trovare un lavoro.
Rispetto alle donne la percentuale di uomini che ha lasciato, nello stesso periodo, l’inattività raggiunge il 14,6%: l’8,4% è attivamente alla ricerca di un’occupazione, il restante 6,2% è passato dalla inattività alla condizione di occupato, a conferma di una maggiore facilità di
partecipazione “maschile” al mercato del lavoro.

Potremmo dire, in questo quadro, che, talvolta, una crescita dei temuti dati relativi alla disoccupazione può essere, anche, un elemento positivo sintomo di un mercato del lavoro dinamico.
Per riportare le persone ai margini dentro il mercato del lavoro “attivo” bisogna, tuttavia, immaginare e definire, pur con tutti i noti problemi di competenze e risorse, nuovi strumenti che sappiano tenere insieme in un mix “esplosivo” incentivi al lavoro, formazione adeguata ed idonea spendibile nel mercato del lavoro e disponibilità di servizi di sostegno sociale e familiare.