Pensiamoci su
«Guerre sante» e cuori in frantumi. Ma alla fine, chi vince davvero?
Riflessione sul caos del nostro tempo, sull’abuso del nome di Dio e sulla speranza nascosta nel Cuore Immacolato di Maria

Ci sono guerre che non fanno più notizia. Sono passate di moda, come se il dolore avesse una data di scadenza. L’Ucraina continua a combattere, Gaza vive tra le macerie, il Sudan è in fiamme, e tanti altri conflitti proseguono in silenzio. Viviamo dentro una mappa mondiale della violenza, dove ogni nazione, a turno, si giustifica, si arma e… invoca Dio.
E qui comincia la nostra domanda più seria. Tutti pregano. Ma chi pregano? E per cosa?
Gli Stati Uniti spesso aprono i loro discorsi istituzionali con “God bless America”, chiedendo a Dio di proteggere la propria nazione. Israele proclama il nome di Yahweh, rivendicando la propria identità come popolo eletto e unico. L’Iran invoca Allah per difendersi da chi considera infedele e nemico. La Russia giustifica la sua guerra con riferimenti religiosi del patriarcato di Mosca, trasformando Dio in garante dell’unità nazionale e spirituale slava.
Anche i laici “puri” non rinunciano alla religione: la sostituiscono. Invocano i valori, la patria, la libertà come idoli moderni, trasformando concetti morali in assoluti teologici. È sempre il nome di un “dio” che viene invocato per giustificare la distruzione dell’altro.
Ma se ogni popolo chiede a Dio di “stare dalla sua parte”, chi resta dalla parte dell’uomo? Chi resta dalla parte dell’innocente, del diverso, del nemico disarmato? A questo punto si impone una riflessione: non stiamo forse manipolando Dio, piegandolo ai nostri disegni, alle nostre ideologie, alle nostre paure?
In questa confusione spirituale e geopolitica, risuona una parola che — incredibilmente — appare oggi più attuale che mai: «Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà».
No, non è una frase da santino. È una dichiarazione teologica e profonda, che rovescia la logica della guerra. Il Cuore Immacolato di Maria è il cuore della relazione pura, dell’alterità rispettata, della persona che non possiede l’altro ma lo accoglie.
Viviamo infatti in un tempo dominato dall’individualismo. La libertà è intesa come autoaffermazione, non come comunione. L’altro è vissuto come ostacolo o come riflesso narcisistico, non come mistero da incontrare. E così, anche tra le nazioni, il dialogo è solo apparente: quando scoppia il conflitto, ognuno corre a salvare se stesso. Anche in Europa, che si vanta di unità e valori comuni, basta una crisi per far emergere l’egoismo nazionale.
Il demonio oggi è l’ideologia dell’individuo assoluto. È colui che nega la relazione, frantuma la comunione, genera diffidenza, uccide il dialogo. Per questo il Cuore Immacolato è il suo opposto: è la persona che vive nella verità del dono, nel rispetto radicale dell’altro, nella libertà che costruisce ponti e non barriere.
Il Dio cristiano non è il Dio delle bandiere. È il Dio delle relazioni. Non è un monarca solitario che premia la nostra nazione e punisce l’altra. È Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, un Dio che è comunione vivente, ospitalità eterna, amore che circola.
Ecco la grande sfida spirituale di oggi: non invocare Dio contro l’altro, ma annunciarlo con la vita. Non dire “Dio è con me”, ma vivere in modo tale da essere con Dio, e quindi con ogni uomo, anche il nemico. Non basta avere una fede, bisogna testimoniare un Dio che non uccide, ma salva.
Alla fine non vincerà il più forte, né il più armato. Alla fine vincerà chi saprà amare senza distruggere. Chi saprà vedere nell’altro un fratello e non una minaccia. Chi avrà un cuore immacolato, cioè non deformato dall’odio, dalla paura, dal possesso.
Quel cuore esiste. È il cuore di Maria. È il cuore nuovo che Dio desidera per l’umanità. È lì che nasce la vera pace. Non tra le capitali dei potenti, ma nei cuori che scelgono di non odiare.