Come una potentissima tempesta d’amore

L'ordinazione diaconale di Franco Nocchi

La celebrazione in Cattedrale presieduta dal vescovo Giusti

di Diego Vanni

La Diocesi di Livorno ha un nuovo Diacono: Franco Nocchi. Ieri mattina, in Cattedrale, la solenne celebrazione presieduta dal vescovo, Mons. Simone Giusti. Franco – va precisato – non è destinato a rimanere Diacono; la sua non è stata, infatti, un’Ordinazione al Diaconato Permanente, bensì un’Ordinazione “transeunte”, che significa che colui che riceve il Sacramento dell’Ordine lo fa come tappa verso una nuova Ordinazione, quella presbiterale (o sacerdotale, che dir si voglia). I Sacramenti, mezzi della Divina Grazia, sono sempre fonte di una gioia profonda per l’anima di chi li riceve e per quelle delle persone a lui vicine. E, ovviamente, sono, nella loro diversità, nell’economia della salvezza, tutti egualmente necessari ed importanti. Ma, ciò detto, è innegabile che quello dell’Ordine Sacro suscita nel cuore qualcosa che è impossibile da descrivere. Chi era presente al Rito può testimoniarlo. È come trovarsi nel mezzo di un vortice di venti, ognuno dei quali è la metafora di uno specifico amore. C’è il “vento dell’amore di Dio”, che soffia, prorompente, verticalmente, dal più alto dei Cieli verso la Terra: la potenza dello Spirito Santo compie quel miracolo d’amore consistente nel conferire all’ordinato un carattere spirituale indelebile, per mezzo del ministero della Chiesa (col Vescovo che impone le mani sul candidato e pronuncia le parole di consacrazione). C’è poi il “vento dell’amore dell’ordinato”, che, col cuore pieno di gioia (una gioia vera, profonda, indelebile; non come quella banale “felicità” che regala il mondo, che dura il tempo di un fuoco di paglia) e gratitudine nei confronti del Dio onnipotente ed eterno che lo ha scelto per essere Suo Ministro, segno della presenza di Cristo nella Chiesa e strumento di diffusione della Grazia per la comunità dei fedeli. Anche questo, un vento verticale, che però, stavolta, soffia dalla Terra verso il Cielo. Ma c’è un altro “vento dell’amore”, sempre verticale. Sì: perché chi assiste al Rito di un’Ordinazione non rimane indifferente, non può rimanere indifferente, trovandosi nel bel mezzo di quella “tempesta d’amore”, scosso dalla potenza indescrivibile dell’azione dello Spirito Santo e dall’amore che sprigiona il cuore dell’ordinato per il Signore, che proprio Lui ha scelto. Si sa: una delle caratteristiche principali dell’amore è la sua contagiosità. E così, i cuori di coloro che partecipano ad un’Ordinazione, coinvolti in questa “tempesta d’amore”, cantano con gioia il loro “Laudámus Te, benedícimus Te, adorámus Te, glorificámus Te, grátias ágimus Tibi propter magnam glóriam tuam”, come avvenuto ieri mattina sulle soavi note di quel capolavoro di musica spirituale chiamato “Messa degli Angeli”, intonate, a frasi alterne, dall’assemblea liturgica e dal Coro Diocesano, diretto da Don Simone Barbieri, accompagnati all’Organo dal M° Paolo Sorrentino. E, quando l’Organo si gonfiava di potenza sonora, irradiando l’intera Cattedrale di una luce musicale veramente angelica, ciò era la metafora perfetta del cuore di noi fedeli, che si gonfiava d’amore per l’amore con cui ci ama Dio. Ed, infatti, il Vescovo, dopo la proclamazione del Vangelo e prima della Liturgia del Sacramento, in apertura dell’Omelia, rivolgendosi direttamente a Franco, ha così esordito: «Se sapessimo quanto il Signore ci ama, moriremmo di gioia. Non credo che ci siano cuori così duri da non amare vedendosi tanto amati. Solo colui che è fondato nella carità, è disposto a morire per amore di Dio e per la salvezza delle anime poiché è privato dell’amor proprio. Infatti colui che è nell’amor proprio non è disposto a dare la vita». In questo amore, forte di questo potentissimo amore, Franco si avvia così a concretizzare il suo ministero diaconale. Come ha ricordato il Vescovo, in Gesù Dio prende il volto dell’uomo. Come nel Figlio noi vediamo il Dio fatto uomo, così nel ministero della Chiesa, in cui Franco è ora pienamente inserito, noi continuiamo a vedere quel volto d’amore, che – asceso al Cielo (lo abbiamo ricordato proprio Domenica, nella Liturgia) – continua ad operare nella Storia affinché quell’amore possa giungere ad ogni uomo, in ogni tempo ed in ogni luogo, affinché quell’amore possa – come ha ricordato mons. Giusti – farsi «vicino a tutte le povertà e le miserie, a tutti gli squallori morali». E, di tutte le povertà – ha sottolineato il nostro Pastore – una in particolare «ci attanaglia: quella spirituale. La tecnocrazia, l’individualismo filosofico con l’Ideologia Gender fusasi con la “Cancel Culture”». Quella “Cancel Culture” che «ha prodotto una società che stravolge l’antropologia e fa dell’uomo una bestia, un animale da poter sopprimere come qualsiasi altro mammifero». Quella “Cancel Culture” – ricordava Papa Francesco, citato dal nostro Vescovo – che «tutta giocata sull’immanenza, rassegnata alla morte, ha costruito i miti del nulla, del caso, della fine, quasi una nuova apocalittica». Ma noi, in tutto questo, non siamo soli. Dio è con noi, combatte con noi e per noi. E Lui vince le potenze demoniache che gli (e ci) si scatenano contro. Morendo, ha distrutto la Morte e ci ha aperto la strada per la vita eterna. In questa fede, in questo Dio che è dalla nostra parte (ed il cui operato nessuna potenza satanica riesce a scalfire), con Franco, con tutti i nostri Diaconi e Presbiteri, col nostro Vescovo e col nostro nuovo Papa, Leone XIV, camminiamo con serena fiducia sulla via del Vangelo.

leggi l’omelia integrale di mons. Giusti

le foto scattate da Antonluca Moschetti