Giovani
Alla scoperta di se stessi, degli altri e di Dio
Il campeggio dei ragazzi di Vada e Castiglioncello

Dal mercoledì al sabato, un gruppo di adolescenti – scuole medie/ biennio delle superiori – ha vissuto un’esperienza presso la casa diocesana a Santa Caterina di Rocca Albegna. Non solo giorni di “ferie”, ma un vero cammino di crescita, incontro e scoperta: di sé stessi, degli altri e di Dio.
Il campo scuola è iniziato all’insegna dell’avventura e della condivisione. Fin dai primi momenti, i più grandi hanno saputo mettersi a servizio dei più piccoli: un aiuto concreto che andava dal rifare il letto alle pulizie quotidiane, trasformando semplici gesti in occasioni per imparare a collaborare.
Le giornate sono state cadenzate da tappe di riflessione, nonostante qualche improvviso acquazzone estivo che non ha fermato l’entusiasmo. Il primo giorno, sul Monte Amiata, abbiamo celebrato la Santa Messa immersi nella natura, seguita da escursioni che hanno aiutato tutti a fare gruppo e a riflettere sul senso del cammino. Il secondo giorno, la tappa a Santa Fiora: visita al borgo, scoperta delle splendide maioliche robbiane che hanno ispirato una riflessione sul valore dell’arte come linguaggio della fede, pranzo comunitario alla Peschiera. Il terzo giorno, invece, siamo stati a Roccalbegna, tra la chiesa parrocchiale e la suggestiva Rocca, dove la bellezza del luogo ha fatto da cornice ad un momento di raccoglimento e preghiera.
Ogni giornata aveva un tema guida, approfondito attraverso la celebrazione della Messa preparata e servita dagli stessi ragazzi, segno concreto del loro desiderio di essere protagonisti e non semplici spettatori. Un pomeriggio è stato dedicato anche all’adorazione eucaristica, occasione per fermarsi e ascoltare il silenzio del cuore e sintetizzare i momenti più importanti delle giornate.
Un momento particolarmente intenso del nostro campo scuola è stato quello dell’adorazione eucaristica, durante la quale abbiamo chiesto ai ragazzi di scrivere una preghiera personale. È stato sorprendente e commovente vedere come, nel silenzio raccolto, ciascuno abbia saputo aprire il proprio cuore con parole semplici ma profonde.
Queste preghiere, lette insieme nella giornata conclusiva, hanno toccato temi che parlano al cuore di tutti: il desiderio di pace nel mondo, la speranza di custodire amicizie vere e fedeli, la forza di voler bene sempre e comunque, anche quando non è facile. C’è chi ha chiesto a Dio di saper stare accanto agli altri nei momenti di difficoltà, chi ha espresso il desiderio di avere qualcuno vicino per condividere il cammino, e chi ha invocato il coraggio di mantenere sempre il cuore aperto all’amore di Dio.
Sono parole che hanno dato voce a ciò che spesso i ragazzi portano dentro, ma che raramente trovano lo spazio per esprimere. Come scriveva don Tonino Bello: “Le parole che salgono dal cuore sanno parlare anche al cuore degli altri”. E così, quelle preghiere semplici e autentiche sono diventate dono prezioso per tutti, segno che la fede, quando nasce dall’ascolto e dal silenzio, riesce a fiorire anche nei cuori più giovani.
È stato un gesto piccolo, ma profondamente significativo: un invito a non avere paura di guardarsi dentro e affidare a Dio sogni, paure e desideri. Perché, come abbiamo imparato in quei giorni, “la preghiera non cambia solo le cose, ma prima di tutto cambia noi”.
Non è mancato poi il tempo per il gioco: la sera si concludeva sempre con una partita di pallone, nonostante il caldo, mentre una sera i più piccoli hanno scelto i giochi da tavolo e i più grandi hanno visto insieme il film Divergent. La storia di una ragazza che trova il coraggio di non uniformarsi a una società che vuole rendere tutti uguali ha acceso un confronto acceso e stimolante sul valore dell’essere “diversi” e del seguire la propria coscienza, anche quando il mondo sembra andare nella direzione opposta.
La vita del campo è stata fatta anche di cucina – dove qualcuno ha dato una mano –, di risate fragorose, scherzi notturni e momenti di fraternità autentica. Con noi c’era anche Don Marcelo, accompagnato dai ragazzi della sua parrocchia, che ha saputo arricchire ulteriormente il clima familiare e di comunità.
Alla fine, ciò che resta non sono solo i ricordi delle escursioni o delle risate, ma la consapevolezza di aver imparato, come diceva San Filippo Neri, che “bisogna essere buoni, se si può, e allegri sempre”. Perché crescere nella fede significa anche saper stare insieme, prendersi cura degli altri e avere il coraggio di andare controcorrente, per costruire insieme qualcosa di bello che dura nel tempo