A proposito di reddito di cittadinanza regionale

Poveri e povertà al centro del dibattito politico

Correva l’anno domini 2019 è tornava in Italia, dal lontano Mississippi, Mimmo Parisi il professore puglio- americano incaricato dal Ministro del Lavoro del Governo “Conte I” Luigi di Maio, di mettere in campo la misura con la quale l’esecutivo avrebbe, in pochi mesi, sconfitto la povertà nel nostro paese. Vengono assunti circa 3000 “navigator” e si attende dall’altra parte dell’oceano un app che avrebbe risolto tutti i problemi.

Nelle stesse settimane viene nominato commissario, e poi Presidente, dell’Inps, il professore Pasquale Tridico che era stato, prima delle elezioni, indicato dal Movimento 5 Stelle come Ministro del Lavoro “in pectore” in caso di loro vittoria.

Questo secondo nome, attualmente europarlamentare, è tornato, nelle settimane scorse, all’attenzione della Stampa per la sua candidatura come presidente della Regione Calabria per il “campo largo”  dei progressisti.

Nello stesso tempo si è tornato a parlare di reddito, o meglio, di “redditi” di cittadinanza regionali, la cui istituzione è in molti accordi programmatici del centro sinistra.

L’idea è, insomma, di superare dal basso alcuni limiti di copertura delle nuove misure, Sfl e Adi, volute dal Governo Meloni dopo l’abrogazione del precedente reddito di cittadinanza grillino.

Di questo certamente molto si parlerà, nelle prossime settimane di campagna elettorale, soprattutto nelle regioni del nostro mezzogiorno.

Bisogna, tuttavia, notare come misure integrative alle esistenti a livello nazionale siano, a macchia di leopardo, già state attivate dalle regioni. Sembra, infatti, plausibile impegnare, in misure di questo tipo contro le povertà, le risorse dei piani regionali del fondo sociale europeo con specifico riferimento a quelle destinate all’inclusione sociale ed alla lotta alle disuguaglianze.

In questo quadro sarebbe auspicabile che il tema dei poveri, e delle povertà, non diventi argomento di lotta politica ma di un serio dibattito tra le parti.

Sarebbe utile, ad esempio, comprendere come poter utilizzare in maniera efficace, e virtuoso le risorse europee (troppo) spesso non spese dalle varie amministrazioni partendo, magari, dallo studio di buone pratiche da implementare in contesti diversi.

Sarebbe, inoltre, utile aprire una discussione sulla qualità e quantità dei servizi disponibili sui territori per facilitare la conciliazione dei tempi di lavoro e degli, a vario titolo, obblighi di cura. 

Lavorare insieme per rendere vive, ed effettive, quelle reti (che prevedono il coinvolgimento degli enti più vari) chiamate a proteggere i cittadini più fragili dal rischio di pericolose cadute.