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In Dio l’essere umano si scopre a sua immagine e somiglianza

Io o Dio?

E’ possibile diventare nemici di se stessi solo perché non si accettano alcuni difetti

Parole chiave: psicologia (22), fede (42)
Psicologia e Fede

Confondere il proprio io con Dio o Dio con io è un errore inconscio che spesso facciamo. La scoperta del proprio io è per l’essere umano una vera e propria conquista. Una volta scoperta l’identità, si avverte come un bisogno di risalire alla sorgente del proprio io, a Dio.

Conoscere se stessi, oltre ad essere un bisogno fondamentale dell’uomo, fa riscoprire in sé l’immagine di Dio, scrive Ireneo, un Padre della Chiesa del terzo secolo. L’essere umano che lo ammetta o no, desidera Dio, non riesce a farne a meno. Dio è nella struttura del suo DNA.

In Dio l’essere umano si scopre a sua immagine e somiglianza, sperimentando la sua grandezza e piccolezza, la sua dignità e fragilità. In questa fase una personalità non integrata, rischia di confondersi o addirittura identificarsi con Dio. Si passa così dall’essere a sua immagine e somiglianza, a farsi un dio a propria immagine e somiglianza, secondo i gusti e desideri. E’ evidente che non si tratta del Dio rivelato da Gesù, ma di una falsa immagine, di un idolo, costruito con le proprie mani, che a lungo andare diventa solo un inutile peso.

L’identificazione o la confusione dell’io con Dio, spesso di natura patologica, risiede nel complesso di inferiorità. La percezione negativa di sé, tanto inaccettabile all’essere umano, viene trasferito così inconsciamente con il dio potente, per sentirsi forti o semplicemente grandi. Questo fenomeno si riscontra particolarmente in visionari, trasmettitori di messaggi dall’aldilà, guaritori e sensitivi, tanto di moda nella cultura di oggi. Si accusa ingiustamente il Medioevo di oscurantismo, ma il nostro tempo non mi pare migliore.

L’io umano matura integrando nella propria personalità i doni con i difetti, senza esaltarsi per l’uno o umiliarsi per l’altro. Il più delle volte i difetti sono doni non sviluppati. L’immaturità, al contrario, rivela l’incapacità da parte della persona, di integrare il proprio negativo, di conseguenza viene trasferito al di fuori di sé. Vale la pena ricordare, come affermava Freud, che tutto ciò che noi rifiutiamo ci diventa nemico. E’ possibile diventare nemici di se stessi solo perché non si accettano alcuni difetti.

Il pericolo è nel meccanismo freudiano del trasfert, cioè si rischia di trasferire i propri difetti sull’altro, accusandolo ingiustamente, o proiettandoli su Dio, di conseguenza sarà rifiutato e considerato un nemico da cui difendersi. Il vero problema non è l’altro, ma io, non è Dio, ma il mio io confuso con Dio.

Smascherare questo meccanismo è il primo passo verso la verità, che apre all’io le ali della libertà. Per chi è ancora imprigionato dal peso della propria maschera può, senza perdersi d’animo, pregare come Tommaso Moro: Signore, non permettere che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama io.

padre Maurizio De Sanctis

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