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Testimoni di fede: Ezechiele Ramin

Le storie di uomini e donne che hanno vissuto la loro fede tra i più poveri e indifesi; uomini e donne in missione

Parole chiave: missionari (18), testimoni (14)
Nel mese missionario

Ezechiele Ramin, nacque a Padova nel 1953, il quarto di sei figli in una famiglia modesta. Studiò al liceo classico presso il Collegio Vescovile Barbarigo, dove prese coscienza della povertà diffusa in tutto il mondo. Ciò lo spinse ad aderire a Mani Tese, associazione per la quale organizzò svariati campi di lavoro per raccogliere fondi in sostegno di vari piccoli progetti sostenuti dall'associazione stessa.

Nel 1972 decise di entrare nel Istituto dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù fondato da Daniele Comboni. I suoi studi lo portarono dapprima allo Studio Teologico Fiorentino di Firenze, poi a Venegono Inferiore, dove studiò al Seminario arcivescovile di Milano, e infine a Chicago negli Stati Uniti, dove si laureò alla Catholic Theological Union[5]. Dopo aver avuto esperienze missionarie dapprima con un gruppo di Nativi americani impoveriti nel Dakota del Sud e poi, per un anno, in Bassa California (in Messico), fu ordinato sacerdote il 28 settembre 1980 a Padova, la sua città natale[3][6][7]. Inizialmente fu assegnato ad una parrocchia di Napoli, ma dopo il terremoto dell'Irpinia del 1980 si prodigò a San Mango sul Calore in Provincia di Avellino per assistere le vittime[2]; fece ritorno a Napoli nel 1981, e lì organizzò una delle prime dimostrazioni pacifiche contro la Camorra[3]. L'anno successivo si trasferì a Troia in Provincia di Foggia dove ricoprì il ruolo di Animatore Vocazionale.

Nel 1984 fu assegnato a Cacoal, in Rondônia (Brasile). Il 20 gennaio di quell'anno si trasferì a Brasilia, dove seguì dei corsi di cura pastorale, per poi raggiungere la Rondônia nel luglio di quell'anno.

Padre Ezechiele Ramin era preoccupato della situazione che avrebbe incontrato a Cacoal, ma accettò l'incarico con le parole "Se Cristo ha bisogno di me, come posso rifiutare?"

Lì incontrò una situazione complessa e difficile: i molti piccoli agricoltori erano oppressi, con mezzi sia legali che illegali, dai latifondisti locali. Inoltre, la tribù indigena dei Surui era stata solo di recente costretta a diventare sedentaria dal governo brasiliano, che aveva forzatamente assegnato loro della terra, e stava iniziando a creare dei problemi.

Ispirato dagli insegnamenti di Dietrich Bonhoeffer si pose in prima linea nella lotta per la giustizia di quelle genti, tentando di persuaderli ad intraprendere la strada della protesta pacifica piuttosto che quella della lotta armata.

La situazione in cui si trovava lo portò a temere per la propria vita. All'inizio del 1985 fu minacciato di morte; in molte delle lettere che inviò alla famiglia in quel periodo si chiedeva se li avrebbe visti di nuovo.

 

Morte e immediate reazioni

Il 24 luglio 1985 Padre Ramin, insieme a un sindacalista locale, partecipò ad un incontro nella Fazenda Catuva ad Aripuanã nel vicino Mato Grosso con l'intenzione di persuadere i piccoli agricoltori lì impiegati a non prendere le armi contro i latifondisti, disobbedendo ad una richiesta da parte dei suoi superiori di prestare attenzione. Al ritorno, fu vittima di un'imboscata da parte di sette sicari armati di pistola, che lo colpirono oltre 50 volte. Prima di morire, sussurrò le parole "Vi perdono". Poiché la salma di Padre Ramin non poté essere recuperata dai suoi confratelli prima di 24 ore dopo l'omicidio, un gruppo di indios Surui vegliarono su di essa fino all'arrivo dei missionari.

È sepolto nel Cimitero Maggiore di Padova.

Alcuni giorni dopo il suo omicidio, Papa Giovanni Paolo II definì Padre Ezechiele Ramin un "martire della carità".

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