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Alessandro, Matteo, Gerardo e Vincenzo hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine, conquistati dall'amore di Cristo hanno voluto donare a Lui la vita. 

La gioia sui volti di chi ha incontrato Cristo

La Chiesa livornese e non solo, perché tanti amici, parenti e confratelli sacerdoti sono arrivati da tutta Italia, si è stretta intorno ai quattro nuovi sacerdoti ordinati in Cattedrale, insieme anche ai tanti che hanno seguito la celebrazione attraverso la diretta Fb sulla pagina della Diocesi.

Parole chiave: ordinazioni sacerdotali (1)
Le ordinazioni sacerdotali di Matteo, Vincenzo, Alessandro e Gerardo

La Chiesa livornese e non solo, perché tanti amici, parenti e confratelli sacerdoti sono arrivati da tutta Italia, si è stretta intorno ai quattro nuovi sacerdoti ordinati in Cattedrale, insieme anche ai tanti che hanno seguito la celebrazione attraverso la diretta Fb sulla pagina della Diocesi.
Alessandro, Matteo, Gerardo e Vincenzo hanno ricevuto il sacramento dell'Ordine, conquistati dall'amore di Cristo hanno voluto donare a Lui la vita. In un'epoca che ha perso la bussola, che ha smarrito Dio - ha detto il vescovo Giusti nell'omelia - la gioia risplende sui volti di coloro che hanno trovato il vero Amore. Emozionanti nella liturgia dell'ordinazione il momento dell'imposizione delle mani e dell'abbraccio dei confratelli sacerdoti, la prostrazione durante la lettura delle Litanie e l'unzione delle mani. Ecco le parole del Vescovo rivolte ai nuovi sacerdoti e le immagini di una celebrazione partecipata.

"Carissimi siamo giunti al giorno tanto atteso. Oggi sarete ordinati sacerdoti, la vostra vita con questo sacramento, sarà indirizzata per sempre. Avete accettato la sfida, la vocazione ad essere Cristo in mezzo al popolo. C’è da tremare. Quello che accade oggi muta profondamente la vostra persona, ne fa una persona ordinata, orientata a Cristo.

Il Sacramento dell’Ordine vi fa persone che quando con i sacri paramenti salirete l’altare, agirete in “persona Christi”. Direte: “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. Vi rendete conto che ogni volta che vi accingerete all’altare vi appresterete ad offrire tutta la vostra vita al Signore e al vostro popolo?

Quando nel segreto di un confessionale o nella bellezza di una montagna, celebrerai il Sacramento della Riconciliazione dirai: “Io ti assolvo”, vi rendete conto di quale mistero state divenendo partecipi ed espressione? L’ordinazione a Cristo fa quindi di ciascuno di voi una persona con facoltà addirittura divine: assolvere dai peccati, rendere partecipativo a voi e ai fedeli, al di là del tempo e dello spazio, il Sacrificio  che ci ha redenti.

Quale mutamento ontologico avviene del tuo essere con la Sacra Ordinazione ma al contempo quale responsabilità! Tanti attraverso di te potranno conoscere e abbracciare Cristo, tanti potranno allontanarsi da Lui per lo scandalo della tua vita: se qualcuno si salverà grazie a te, Dio te ne renderà merito, se disgraziatamente una persona si smarrirà e si perderà per colpa tua, tu ne risponderai personalmente all’Onnipotente. “Guai a chi scandalizza uno di questi piccoli” sarebbe stato meglio per lui essersi cavato un occhio o reciso un arto.

A caro prezzo siamo stati redenti, un caro prezzo pagheremo se tradiremo la nostra chiamata rivolgendoci non più al volto “del più bello fra gli uomini” ma “alle cipolle d’Egitto” o al trogolo dei vizzi animaleschi, da cui il Salvatore ci ha tratto.

Se “i giusti si salveranno a stento”, ci ricorda la lettera agli Ebrei che sarà di colui che deliberatamente tradisce e rinnega la propria conformazione a Cristo smarrendosi nell’impero dei sensi o delle ambizioni o peggio ancora nell’attaccamento al denaro, causa di ogni peccato come ci ricorda l’Apostolo delle genti?

Vigilate su voi stessi perché il demonio come un leone è alla vostra porta per aggredirvi. Sappiate che sarete il bersaglio prediletto del diavolo: caduto voi, tanti altri rotoleranno a terra e semplice sarà disperderli. Ritto voi nella tempesta, uniti a voi come a una torre inespugnabile, il vostro popolo resisterà.

Da oggi non vi appartenete più, non esiste più la vostra esistenza individuale ma siete ontologicamente costituti appartenenti e necessari al Corpo di Cristo: voi voce, voi sguardo, voi tenerezza, voi apprensione, voi lacrime di Lui.

Vigila che alcuno ti rapisca il dono ricevuto, rimanendo in un Amore teneramente e tenacemente coltivato. Datti da oggi in poi una tua regola di vita, ed essa sii fedele.

Non ti fare travolgere dal fare, sii santamente inefficiente perché molto dedito alla preghiera. Vivi la carità di Cristo donando all’altro Dio, poi le creature di Dio quali l’acqua è il pane. Prima offri il Creatore poi le creature. Non smarrire mai l’ordine delle cose. Non credere mai più importante una creature del Creatore. Se gli dai solo cibo avranno sempre fame, se li sazierai con il Pane di Vita eterna saranno appagate per sempre. Sei ordinato a Cristo non ai poveri ma la tua ordinazione è perché tu ami il tuo Signore che vive nel povero: non assistente sociale solamente ma servo di Cristo povero. Se non saprai curvarti sul povero, non contemplerai mai il volto del Cristo perché esso risplende in essi!

“Che cosa, dunque, dà sapore alla vita del “nostro” buon pastore?

Come Mosè, egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sue ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un “devoto”, che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco. È scalzo, il nostro prete, rispetto a una terra che si ostina a credere e considerare santa. Non si scandalizza per le fragilità che scuotono l’animo umano: consapevole di essere lui stesso un paralitico guarito, è distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato.

Dell’altro accetta, invece, di farsi carico, sentendosi partecipe e responsabile del suo destino.

Con l’olio della speranza e della consolazione, si fa prossimo di ognuno, attento a condividerne l’abbandono e la sofferenza. Avendo accettato di non disporre di sé, non ha un’agenda da difendere, ma consegna ogni mattina al Signore il suo tempo per lasciarsi incontrare dalla gente e farsi incontro. Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza.

Sa che l’Amore è tutto. Non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici, che portano a confidare nell’uomo; nel ministero per sé non domanda nulla che vada oltre il reale bisogno, né è preoccupato di legare a sé le persone che gli sono affidate. Il suo stile di vita semplice ed essenziale, sempre disponibile, lo presenta credibile agli occhi della gente e lo avvicina agli umili, in una carità pastorale che fa liberi e solidali. Servo della vita, cammina con il cuore e il passo dei poveri; è reso ricco dalla loro frequentazione. È un uomo di pace e di riconciliazione, un segno e uno strumento della tenerezza di Dio, attento a diffondere il bene con la stessa passione con cui altri curano i loro interessi.

Il segreto del nostro buon pastore – voi lo sapete bene! – sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita. È il rapporto con Lui a custodirlo, rendendolo estraneo alla mondanità spirituale che corrompe, come pure a ogni compromesso e meschinità.

È l’amicizia con il suo Signore a portarlo ad abbracciare la realtà quotidiana con la fiducia di chi crede che l’impossibilità dell’uomo non rimane tale per Dio.”[1]

foto di Antonluca Moschetti

3 Giugno 2019

[1] Liberamente ripreso da Papa Francesco alla CEI, maggio 2017.

Le ordinazioni sacerdotali di Matteo, Vincenzo, Alessandro e Gerardo
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