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Il vuoto della tomba e delle nostre chiese

Riflettiamo su questi giorni santi

Parole chiave: triduo pasquale (3), digiuno (1)
La riflessione

Siamo entrati nel Triduo Pasquale e stiamo per celebrare il “vuoto” della tomba di Cristo. È stata proprio la tomba vuota che ha innescato la fede degli apostoli; nel quarto vangelo si dice proprio che il discepolo amato “vide e credette” (Gv 20,8).

Quel mistero grande ci avvolge particolarmente oggi; credetemi non è facile celebrare in una chiesa vuota riempita solo dal rimbombo delle parole nel silenzio delle mura. Eppure, è quel vuoto che ci aiuta ad andare nel profondo di noi stessi ed ascoltare lo Spirito perché: lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio (Rm 8,16).

Riecheggiano le parole del Signore che si fanno a noi più vive che mai: quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà (Mt 6,6).

Ed ancora più forte: «viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità» (Gv 4,23-24).

A Tommaso e a ciascuno di noi, il Risorto afferma: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno! (Gv 20,29).

 

Siamo umani ed abbiamo bisogno di toccare e di vedere, quando ci vediamo ci abbracciamo, ci stringiamo la mano, perché abbiamo il bisogno di toccarci: è un modo naturale di comunicare; in questi giorni ci stiamo abituando a scoprire un modo diverso di comunicare e di apprezzarci reciprocamente, così è con Dio. Dobbiamo imparare a vivere la nostra fede anche senza “fare” ciò che Gesù stesso ci ha chiesto: fate questo in memoria di me (1 Cor 11,24), l’Eucarestia.

 

Questo “digiuno” ci aiuterà a capire più e meglio il senso di quel “fare”: il nostro non fare, non vedere, non gustare offerto a Dio accresce il desiderio, ci fa percepire forte la mancanza, il vuoto. Forse ci siamo lasciati condizionare troppo dai “segni” da farli diventare indispensabili tanto da influenzare il nostro rapporto con Dio. Invece è proprio quel “vuoto”, l’assenza percepita, che è segno della “presenza” del Signore nella nostra vita. Sembra un discorso assurdo ma non è diverso da quello degli apostoli che corsi al sepolcro lo hanno visto vuoto e percepito la presenza viva del Risorto.

 

Le chiese vuote sono diventate il segno della “Presenza” del popolo di Dio: pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale (1Pt 2,5).

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