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Lavoro e formazione scolastica

Programmi e percorsi di studio da valutare bene

Parole chiave: scuola (148), lavoro (106)
Cosa cambiera?

Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) nel quadro più ampio di interventi finalizzati ad il potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, in particolare in una prospettiva di miglioramento qualitativo e ampliamento quantitativo dei servizi di istruzione e formazione, scommette, in maniera significativa, su una riforma che rafforzi il sistema degli ITS (istituti tecnici superiori).

Ci si propone di raggiungere questo obiettivo, per molti aspetti strategico, attraverso il potenziamento del modello organizzativo e didattico (integrazione offerta formativa, introduzione di premialità e ampliamento dei percorsi per lo sviluppo di competenze tecnologiche abilitanti – Impresa 4.0), il consolidamento degli ITS nel sistema ordinamentale dell’Istruzione terziaria professionalizzante ed il rafforzamento della presenza attiva nel tessuto imprenditoriale dei singoli territori.

La riforma immaginata dal recovery plan prevede inoltre un’integrazione dei percorsi ITS con il sistema universitario delle lauree professionalizzanti. Il coordinamento fra le scuole professionali, gli ITS e le imprese sarà assicurato, negli auspici del governo, replicando il "modello Emilia Romagna” (territorio dove ha lavorato come assessore regionale l’attuale ministro) dove, si sostiene, collaborino in maniera proficua scuole, università e imprese.

Si mira, quindi, al potenziamento dell’offerta degli enti di formazione professionale terziaria attraverso la creazione di network con aziende, università e centri di ricerca tecnologica/scientifica, autorità locali e sistemi educativi/formativi.

Queste misure sono ritenute necessarie per un incremento significativo del numero di ITS, il potenziamento dei laboratori con tecnologie 4.0, stimolare la formazione dei docenti perché siano in grado di adattare i programmi formativi ai fabbisogni delle aziende locali e lo sviluppo di una piattaforma digitale nazionale per le offerte di lavoro rivolte agli studenti.

L’obiettivo dichiarato è, insomma, quello di conseguire un aumento degli attuali iscritti a percorsi ITS (18.750 frequentanti e 5.250 diplomati all’anno) di almeno del 100 per cento.

Per capire meglio, tuttavia, il punto di partenza è particolarmente utile l’annuale monitoraggio di Indire pubblicato nei giorni scorsi.

Emerge dal rapporto un dato, sicuramente, importante: l’80% dei diplomati ITS ha trovato lavoro a un anno dal diploma. Tra questi ben il 92% degli occupati in un’area coerente con il percorso di studi. Un dato, questo, complessivamente molto interessante se si pensa che lo studio si riferisce all’annus horribilis 2020 caratterizzati, come tutti sappiamo, dalla crisi pandemica.

Una riflessione merita la tipologia di “successo” occupazionale: il 42,1% degli occupati ha trovato lavoro con contratto a tempo determinato o con forme di lavoro autonomo in regime agevolato (tipologia contrattuale più utilizzata in tutte le aree tecnologiche). Una situazione specifica vale, altresì, per le Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, area nella quale prevale l’apprendistato.

I numeri molto ridotti dei partecipanti a questi percorsi rischiano, evidentemente, di essere fuorvianti. Tuttavia la scelta del governo sembra andare nella direzione giusta sebbene, ancora molto, è da fare per migliore questi percorsi in termini quantitativi e qualitativi. Partire, insomma, dall’esperienza emiliana ma guardare anche, con attenzione, alle migliori esperienze europee che si sono realizzate negli anni e che, se adeguatamente corrette ed implementate nel sistema italiano, possono rappresentare “best practices” sulle quali modellare una via tutta italiana per aumentare l’occupabilità di qualità dei nostri ragazzi.

 *Dottore di ricerca in Diritto delle relazioni di lavoro

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