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Puntiamo a una sanità di quartiere, che sia vicina alle persone

Paglia: «Anziani a casa, non è utopia»

Così il documento della commissione ministeriale definisce un nuovo paradigma dell’assistenza

Parole chiave: anziani (18), pandemia (36), coronavirus (52)
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Com’era facilmente prevedibile il dramma anziani sta riesplodendo con conseguenze devastanti e, ancora una volta, le Rsa sono al centro della bufera. Lei è più volte intervenuto per sollecitare il superamento del concetto di Rsa. A che punto siamo?
«Era più che prevedibile quanto sta accadendo. Già nella prima ondata abbiamo assistito al dramma della morte di centinaia di migliaia di anziani nei diversi Paesi del mondo. In quei mesi si è calcolato che – almeno nei paesi occidentali – il 50% dei decessi sia avvenuto nelle nursing home, nelle case di riposo, negli ospedali per lungodegenti, insomma nei luoghi della assistenza residenziale a lungo termine», risponde l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita che, dal mese scorso, presiede anche la Commissione istituita dal ministero della Sanità per la riforma dell’assistenza degli anziani.

Non possiamo però pensare che tutto questo sia avvenuto semplicemente per inadempienze. Per fortuna ci sono tanti dirigenti di Rsa che fanno bene il loro dovere.
Ovviamente vanno accertate le responsabilità di quanto è successo. Ma la tragedia di queste migliaia di morti ha svelato contraddizioni già esistenti nella società che hanno ragioni più profonde, che hanno a che fare con i diritti degli anziani, con la qualità dell’assistenza ed anche con la sua efficacia ed efficienza. È chiaro ormai che è il modello stesso di cura residenziale, in istituto, ad essere sbagliato e ad esporre gli anziani ad ogni genere di emergenza. Proprio questa consapevolezza ha convinto il ministro della Sanità a creare un’apposita Commissione con il compito di ripensare globalmente la cura che la società deve prendersi degli anziani sempre più numerosi. È stata una grande conquista l’allungamento degli anni di vita. Sarebbe una crudeltà doverli passare in un istituto nella solitudine e nell’abbandono!

Quali rimedi allora la Commissione si prefigge di elaborare e suggerire?
Il testo del decreto di istituzione della Commissione chiede di prospettare una “transizione dalla residenzialità a servizi erogati sul territorio”. Questo è il punto centrale. Deve insomma finire la latitanza dei servizi sanitari e sociosanitari sul territorio. C’è bisogno di ridisegnare una sanità vicina alla vita degli anziani, alle loro case, nei loro quartieri. Quindi presenza di medici di famiglia, di infermieri, di assistenti sociali, di fisioterapisti, di educatori di ogni ordine e grado. Va superato il modello sanitario ottocentesco, tutto basato sugli ospedali e sulle residenze, per realizzare quello chiamato il continuum assistenziale.

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Che tradotto significa?
Servizi erogati con diverse intensità in ogni ambiente a partire da quello domestico. Va messa in primo piano la scelta della assistenza domiciliare. Sarebbe bello se l’Italia, da fanalino di coda europeo in questo ambito, diventasse leader di questo ripensamento. E in questo contesto anche il privato avrà un grande ruolo: c’è bisogno di tutti per questo epocale passaggio dall’istituto, dalla Rsa a forme di assistenza a domicilio, a case famiglie, ad esperienze di cohousing e molto altro. Il punto è che chiunque prende in carico un anziano deve potergli offrire una gamma di servizi e la possibilità di entrarne e uscirne.

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Fonte: Avvenire
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